Il Grande Scrittore – Giovanni Sicuranza
Lo scrittore parte per la Fiera del Libro Nazionale.
Regge con ansie e sudori il suo corposo manoscritto di sangue e amori e durante il pellegrinaggio scatta un selfie con il Poeta vincitore del Premio Versi Tronchi, indetto dalla Guardia Forestale, e un altro con il Noto Scrittore Noir, Premio Nero Grassetto dell’Associazione Linea Gotica, e l'ultimo persino con la Poetessa Premio Dialettale di una regione che non comprende e che comunque diventa superflua quando gli occhi suoi percorrono versi e capoversi del decolté da cerimonia della Somma.
Giunge infine al Salone della Fiera del Libro Nazionale, il manoscritto stretto sotto un tetto di tensione, saluta tutti, spintona mandrie di lettori,
oltrepassa i piccoli Editori,
i medi Editori,
salta gli Editori senza portafoglio,
quelli che con un cappello tra i piedi, volto a pancia in su come innocuo carapace, chiedono solo un piccolo-contributo-piccolo ad ogni scribacchino,
ed ecco,
si avvicina ai territori del Grande Editore.
Davanti a lui, eserciti di manoscritti.
Su ogni manoscritto, mani tese ad artiglio, falangi di ogni tipo, ognuna avvolta da una fascetta ad anello, stretta a declamare la grandiosità della propria narrativa e le oltre 1000.000 copie di prossima vendita.
Lo scrittore si mette in fila, attende.
Mesi dopo, giunto al cospetto del Grande Editore, ha un singhiozzo.
Il Grande Editore non si cura di lui, non del suo manoscritto, non smette di ridere al telefono.
Lo scrittore è disorientato, ciondola, socchiude gli occhi, rivede il decolté della poetessa e, nel tentativo di umiliare la disperazione con uno scopo carnale, rimpiange di non avere avuto i gameti giusti per osare.
Eppure non gli sfugge il movimento leggero.
Il Grande Editore ha piegato appena le gambe sotto la sedia, il lembo dei pantaloni ha perso terreno, scopre le caviglie velate da calzini in rosa letterario.
Un particolare che lo scrittore comprende. Il suo manoscritto narra del sesso privo di limiti, della sua fatica e della sua ricompensa.
Socchiude le labbra, le edita rapido con la lingua,
accorcia lo spazio tra i capoversi e tra lui e il Grande Editore.
Onorato, sussurra, mi creda, è una sera bella e calda e lei ha un odore amorevole.
Il Grande Editore non ride più, ruota il collo, un accenno, giusto per permettergli di entrare nel suo campo visivo.
Sì, pensa lo scrittore, questo è un ottimo incipit.
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