Liberazione *
Nel millenovecentoquarantaquattro, a due passi dal quarantacinque, mi fermai.
Guardai cauto in giro, corpi gonfi a destra, corpi aperti a sinistra, e feci questo, allargai bene le gambe, un piede oltre il confine, e, anche se non c'era più motivo di prudenza, rapido abbassai la lampo e liberai la vescica dall'oppressore.
Rimasi così, sulla bandiera che si arrampicava fino al tetto del Parlamento, appena nata e già tanto grande da promettere Europa, ad ascoltare il gorgoglio fetente del piscio, mentre abbandonava il campo e si disperdeva nella terra sudata di sangue.
Urlai sì, sì, sì, e intorno a me la gente piangeva e la gente rideva.
Urlai sì, sì, sì, e intorno a me la gente piangeva e la gente rideva.
Fu un momento intenso, per me pieno, vuoto per la vescica, in cui ritrovammo il significato denso della liberazione.
* dal romanzo "Nessun caso per il commissario Massimo Riserbo" @Giovanni Sicuranza
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