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La notte va in battaglia


La notte va in battaglia - Giovanni Sicuranza



Improvvisa la notte entra in guerra.
Il cielo è un fotogramma in negativo, nero e con lampi bianchi, che si espandono mangiano buio e dal buio annullati ricominciano.
I tuoni cannoneggiano le case di Lavrange e non cercano tregua.
Il cimitero soltanto, in questa oscura battaglia, rimane saldo sulla cima della collina. 
Le lapidi non si inclinano solo perché a Lavrange non esistono lapidi erette dall'inizio della grande epidemia di influenza, alla fine della Grande Guerra, quando morirono più giovani di quanti ne avesse visti il paese in tutta la sua veterana storia.
Nemmeno Marilyn sembra fare caso alla battaglia.
Seduta al mio fianco, cerca una sigaretta nella borsetta, illumina l'abitacolo dell'auto con l'accendino, subito dopo un fulmine si accende al suo fianco e sembra dirle
dia retta, signora, lasci fare a me che me ne intendo,
ma lei nemmeno si gira, prova ad accendere la sigaretta una volta, due, tre e
Che cazzo!
l'accendino fa un tum sfiatato quando urta il parabrezza,
Vorrei solo fare un tiro, che cazzo!
Sospiro, un boato fa sobbalzare l'auto.
Uh, questo tuono sì che era vicino, meglio se ci fermiamo, Marilyn.
Non prima di una sigaretta.
Non puoi, bellezza, non puoi inspirare.
Non la vedo, troppo teso sui lembi di strada che compaiono e si dissolvono in un incubo di ghiaia e pozzanghere davanti a noi, però la intuisco.
Mi guarda, ha occhi di nebbia e mi fissa.
Lo sai che non devi farlo.
D'accordo, Marilyn, rilassiamoci.
Non devi farlo mai.
Ho capito, senti, meglio se ci fermiamo all'Albergo dei Tre Atti.
Un tuono e subito torna la lama della sua voce.
Detesto quando mi ricordi che sono morta. Sei in debito con me, maschio.
Lo so.
Ricordalo sempre; tu, il tuo cuore, i tuoi polmoni.
Non replico, tanto non serve a niente, devo solo cercare di mantenere l'auto in carreggiata, e poi so già come replicherebbe, lo ripete da quando è tornata e mi fa il broncio.
La colpa è nostra, dice, noi che continuiamo a parlarne, che l'abbiamo resa un mito eterno, una celebrità generazione dopo generazione. E mia, soprattutto mia, tanto, che sono cresciuto con i suoi poster, da quello con la gonna alzata sopra una grata, a quello in cui bacia il Presidente; che mi sono fatto la prima sega pensando a lei; che ho ucciso mia moglie perché detestava come cantavo "Happy Birthday Mr. President", tutte le mattine.
Dice che l'ho costretta a tornare perché la memoria ossessiva - così dice, ossessiva - ha questo potere evocativo sui morti, e su alcuni più di altri, dipende da quanto ci crediamo noi vivi.
Una volta ho riso, le ho risposto che allora sono sicuro di rimanere vedovo, perché mia moglie l'ho dimentica tutta.
Lei mi ha fissato con gli occhi di nebbia ed io non ho più fatto nessuna battuta sui morti. Solo sui vivi, a volte.
I vivi, già.
In questa notte di battaglia, l'unico vivo sono io.
Intravedo l'Albergo dei Tre Atti, un lampo mi indica lo spiazzo deserto.
E' una bella notizia, anche se non fa alzare la statistica sulle persone presenti e in vita.


(dal romanzo "Sotto la terra qualcosa campa", Giovanni Sicuranza, Ed. Nosi, 2013-2016)

(immagine: tela dipinta a mano con ritratto di Marilyn Monroe e chewingum rosa. 40 × 30; Benny C)

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