Passa ai contenuti principali

Cacofonia blues


Cacofonia blues # - Giovanni Sicuranza



La signora che vive accanto al mio appartamento è morta tre anni fa. 
Paga il mutuo, si china sulle spese della banca e intasca la pensione INPS; alle riunioni condominiali ci va, garantisco io, unico coinquilino superstite. 
E' tutto on-line, è tutto da me gestito. 
Lei mi ha applaudito dove le strade piegano il palazzo, quando facevo blues accucciato tra piogge e nebbie; allora il tram 66 barrato 6 era la mia dimora, ci dormivo dentro e sotto e sopra, dipendeva dalla sorveglianza al deposito. 
Ero lo straniero della chitarra, nel quartiere qualcuno si fermava persino ad ascoltarmi, e questo bastava almeno per un pasto al bar all'angolo, magari non sempre caldo, ma solito posto garantito, una seggiola a tre gambe dietro i servizi, all inclusive.
Io il lavoro non so cosa significa. 
I miei avi, fino ai nonni, si sono usurati di schiavitù al servizio di questa specie colonizzatrice, di queste scimmie bianche, per cui non accetto moralismi, niente prediche, io so che c'è troppo sudore dentro il mio DNA e che la pelle bianca è sporca del sangue nostro. 
Con la mia rendita stiamo pareggiando i conti, questo io dico. 
Una volta soltanto ho smesso di suonare il blues dei padri, ho lasciato la chitarra incustodita sull'ombra seduta del mio corpo; l'ho fatto per correre veloce dalla signora che vive accanto al mio appartamento, l'unica femmina che giorno passa giorno mi dava qualche lira e, dopo, pulviscoli di euro.  
Era scivolata sul marciapiede e rotolata nel canale del Rio, un fragile capillare di melma urbana che taglia in due il quartiere; che alla gente piace passeggiare mano dentro mano; cioè,  camminare in coppia, lento e pieno, accadeva già di rado ai tempi in cui la signora respirava, ora sarebbe l'immagine vintage di una cartolina, se nei tabacchi superstiti vendessero ancora cartoline, intendo. 
Comunque, tornando a quel giorno, forse nemmeno mi sarei mosso a soccorrere la naufraga, però avevo sentito declamare le televisioni dalle finestre aperte, tutti i bei discorsi sulle cittadinanze concesse veloci veloci agli stranieri che si erano distinti in azioni eroiche; ecco, la ricompensa meritava lo sforzo di un altruismo. 
Ho salvato la signora, forse più da infezioni virali che dall'annegamento, e sono finito sui giornali; lei mi ha dato un bacio sulla guancia in pubblico, un bacio condiviso nel mondo, e mi ha donato l'appartamento destinato al figlio mai concepito oppure abortito, mica ricordo.
Questo è quanto e anche qui niente giudizi, niente moralismi; dovevo mostrarmi eroe prima di avere assistenza ed io
mi sono integrato. 
Per anni ho vissuto della fiducia della mia benefattrice - così la twittarono, mai come la bianca salvata dal negro, mai come donna salvata da uomo o persona da altra persona, e chi se ne frega, dicevo io, che ho usato giornali di destra e di sinistra per pulirmi il sedere e tutti mi hanno dato infezioni alla pelle. 
L'unico problema con la benefattrice l'ho avuto quando è morta. 
Quell'odore denso, che abbatte le barriere della carne, poi delle mura, che sgretola le certezze delle nostra vite. 
Quell'odore che non si può descrivere o forse sì, ma a patto di non svelarne la personalità determinata, la dominanza su ogni altro odore di qualsiasi forma di vita. 
La putrefazione ha la stessa voce per ognuno di noi, la ricordavo corposa e acre nei cadaveri dei miei figli, la ritrovavo uguale, avida di ogni spazio, nell'appartamento della signora. 
Arrivò una raccomandata, la firmai per lei, era del comitato di quartiere, la protesta per la scarsa igiene, la ferma raccomandazione a provvedere entro pochi giorni oppure. 
Oppure. 
Aprii le finestre del suo appartamento, tutte, e l'odore di morte scese sulla strada, scalò i palazzi vicini, si arrampicò sugli alberi, sui vestiti delle persone, appesantì le loro parole. 
Dopo due giorni dei tipi in giacca e cravatta grigio cielo vennero e chiesero della signora. 
Sarà fuori, sarà a fare la spesa, credo. 
Ah, beh, non abbiamo tempo da perdere, le dica di chiudere e provvedere a bonificare l'ambiente entro i prossimi giorni, a sue spese, sia chiaro, che fondi il Comune li ha esauriti da tempo; ecco, questa è l'ordinanza, vede, c'è la firma del Sindaco, vede, qui, a fianco di quella dell'Ufficio Igiene, lo dica alla sua vicina. 
D'accordo, buona giornata, signori.
Passarono altri tre giorni; suonavo il blues dei morti alla finestra, ogni tanto controllavo il conto corrente on-line della signora, fiduciario di tutte le password che non si era sentita di gestire, e guardavo i concerti di miei discepoli come Keb' Mo', Luther Allison, Buddy Guy, tutti immortali su YouTube.
Poi giunsero altri uomini in divisa blu. Il blu è il colore dell'oceano mio. Nelle fabbriche dove lavoravano i miei figli, molti secoli prima, il blu indicava divieto. 
Loro nulla chiesero. 
Sigillarono l'ingresso, misero mastice ovunque, poi fecero lo stesso con le finestre e lo fecero dall'esterno del palazzo. 
Nessuno entrò dalla signora. 
Nessuno provò a suonare il campanello. 
Dite che questa società è allo sfascio perché molta gente non comunica, tutti attaccati ad internet, e, fuori, con le cuffie auricolari ad isolarci dagli altri. 
Bene, io sono questa gente, il mio blues lo lascio crescere in un impianto che vive implodendomi musica dentro il corpo. 
Nulla più trapela fuori. 
E' il mio linguaggio, 
voi lo chiamereste rumore.
So anche che la signora vive ancora, attraverso il conto corrente on-line, attraverso il mio intervento virtuale sulle sue scadenze, e che è lecito prendermi la sua pensione per continuare a sopravvivere ora che non ho gesti eroici da mostrare.  
Tanto a voi cosa cambia.
Guardo dalla finestra le scimmie nude che si affrettano da un posto all'altro, 
corsa di lavoro e 
corsa post-lavoro e 
corse per svagarsi. 
Una cacofonia di deliranti. 
La scimmia uomo non si isola perché non sa vivere la società,  
sputo la sigaretta moribonda sul pavimento e la chitarra ha un lamento, 
no, questa scimmia urbana si ritrae per sopravvivere in un cimitero di frenesie e, a volte, così muore, distratta nel mondo. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Esempio di Relazione medico legale. La Valutazione Multidimensionale dell'Anziano

Tolti i riferimenti nel rispetto della riservatezza (vi piace di più "privacy"?), riporto una mia Relazione scritta in risposta al parere negativo del Consulente Medico d'Ufficio, incaricato da un Giudice del Tribunale del Lavoro di rispondere sulla sussistenza dei requisiti per l'indennità di accompagnamento. Non cominciate a sbadigliare, non è troppo tecnica, forse persino utile per comprendere anche aspetti di interesse sulle autonomia della personza anziana (e non solo). Dott. Giovanni Sicuranza Medico Chirurgo Specialista in Medicina Legale cell.: 338-….. e-mail: giovanni_sicuranza@.... Controdeduzioni medico-legali a Relazione di Consulenza Tecnica d’Ufficio del Professore Libro de’ Libris Causa: Itala NEGATA / INPS RGL n. … Premessa. Nella Relazione Medico Legale di Consulenza Tecnica d’Ufficio, redatta il 15.08.2009 in merito alla causa in epigrafe, il professore Libro de’ Libris, incaricato come CTU dal Giudice del Tribunale

Afasia e disabilità. Tra clinica, riabilitazione, medicina legale.

Premessa. 1. La patologia. Il linguaggio è una capacità esclusiva della specie umana e circa 6000 sono le lingue attualmente parlate in ogni parte del mondo. Espressione del pensiero, il linguaggio è il più complesso sistema di comunicazione che assolve alla funzione della regolazione sociale ed alla elaborazione interna delle conoscenze. Tra i disturbi del linguaggio, le afasie abbracciano una molteplicità di tipologie strettamente collegate ai vari livelli di competenza linguistica compromessi (fonetico, fonemico, semantico, lessicale, sintattico e pragmatico). Gli studi sull’afasia iniziano più di un secolo fa quando l’antropologo francese Pierre Paul Broca (1824-1880) utilizza il metodo anatomo-clinico per descrivere, da un lato, le caratteristiche del disturbo del comportamento e, dall’altro, le peculiarità della patologia che ha danneggiato il sistema nervoso di un suo paziente, passato alla cronaca con il nome di “Tan”, unico suono che riusciva a pronunciare, affetto da afasi

In limine vitae

In limine vitae - Giovanni Sicuranza Sa, Alfonso Vasari, Professore della Cattedra di Medicina Legale di Lavrange, che è terminato il tempo dell'ultima autopsia. Tra le dita bianco lattice, tra polpastrelli con ovali di sangue rubino, nei fruscii di tessuti sfiniti, stringe il muscolo più bello e nobile del suo cadavere. Il cuore della donna è sano, anche dopo la fine, nonostante si stia già trasformando in altro. Tre i bambini, tre le giovani donne, uno l'uomo anziano; sette le vite passate alla morte per gravi politraumatismi da investimento pedonale. Tutte avevano un cuore che avrebbe respirato ancora a lungo.  E' delicato, Vasari, mentre lascia andare il muscolo della ragazza nel piatto della bilancia, nero di memorie, di sangue e di organi. 260 chilogrammi, legge sul display verde, e spunta una voce tra gli appunti. Solo un fremito di esitazione, poi con la biro, segna qualcosa, veloce, sussulti blu notte sulla pagina grigia, che potrebbero essere ortogra