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Visualizzazione dei post da luglio, 2015

Il mio incipit (riedit)

Il mio incipit - Giovanni Sicuranza Nel buio della notte, Charles Pierre Sicuranzaire si ferma.  Le mani sembrano ragni albini, inermi, tra le zolle alfabetiche della tastiera.  Quando apre gli occhi, e li inarca fino alla prima riga del word, il petto si dimentica di respirare.  " Nel buio della notte ", pensa, " Nel buio della notte ", ridonda. E si affloscia, il mento una circonvoluzione di grasso sul petto, le mani che crollano, come rami spezzati nella tomba delle tasche.  Un repentino calcio a tutte le righe successive ed è questo che vuole, rimanere solo, solo nel bianco della pagina.  - Mi rifiuto di continuare - dice - "Nel buio della notte", ma che incipit è? Andrà bene per i romanzi da vetrina, i "consigliati",  i "consumati", quelli già dimenticati in una settimana.  Charles Pierre Sicuranzaire  si umetta le labbra, la lingua bianca come le mani, come le righe cancellate.  - Dai, sono un personaggio

Muori e lascia vivere (riedit)

Muori e lascia vivere * - Giovanni Sicuranza Esci dalla mia terra, veloce come un brivido, porta con te i vermi e le conchiglie di pelle defunta.  Lui mi guarda, ci prova almeno, si volta dal sentiero di ghiaia, dal gemito di morte che è la sua nuova strada senza tempo, e quando le paludi delle iridi bagnano le mie, affonda una falange nel naso.  Faccio no con la testa e sollevo il fucile sopra le spalle, Il tuo cervello è sulla parete, sopra il nostro letto, sorrido, Quel poco che hai avuto, almeno.  Ah, fa lui e un qualcosa nelle orbite sembra dargli luce. Un piede sul sentiero, l’altro nella mano. me lo lancia, prendo la mira, il cielo esplode e ossa e frattaglie si aprono a ventaglio nel tramonto.  Piove morte, sbuffo, è ora che ti incammini.  Lui cerca di mordersi il labbro inferiore, poi ci prova gusto e passa al mento.  Ti prego, non qui, gli dico, anche da morto riesci solo a mangiare, mai un pensiero per me, mai una mano per tua moglie.  È così che si

Nella nicchia

Ora, se ti va, possiamo trovare molti motivi per cui questo blog produce silenzi. Il più facile e popolare, ammettiamolo: i contenuti sono persistenza di mediocrità. Poi c'è anche questo: i contenuti non rispecchiano i desideri del lettore, in sintesi: protagonista, dilemma, soluzione catartica; in altri termini sono disfunzionali alla narrativa corale, che è ciò di cui la nostra evoluzione necessita, per speranza nella sopravvivenza della specie e dell'individuo, oltre ad essere ciò di cui necessita il mercato. E non dimentichiamoci di questo, del dogma infranto: un blog che viola le regole del pubblicato, il cui autore non segue le trame non scritte del nepotismo e della raccomandazione narrativa, in cui i racconti non hanno dignità editoriale, va in ogni caso o ignorato o svelato come singolare, per quanto sia singolare il verificarsi di quest'ultima ipotesi. Ora, se ancora ti va, puoi trovare più verità in un motivo rispetto agli altri, puoi persino mor

C'era un filo di vento

C’era un filo di vento – Giovanni Sicuranza C’era un filo di vento. Lo abbiamo visto, credetemi; era sottile, veniva giù dal cielo, unico e fiero, anche se bastava appena per la cinta più interna del cimitero. Se ne stava proprio sulla fossa della strega, un sopravvissuto all’afa di questi giorni, un richiamo di speranza, e noi non abbiamo resistito. È andata così, mio fratello, il mio cucciolo di vita, si è allungato troppo, ha cercato di toccare il vento, con le sue manine dispnoiche, scure di terra e di sudore, non ha reagito al mio richiamo, questo caldo acceca, la sua umidità si spande sui sensi, rende fragile l’istinto di sopravvivenza, e allora capite che non sono stato io.   La fossa lo ha preso, ecco come è andata, ha preso ogni suo respiro, e l’attimo dopo anche il filo di vento, teso come piombo, è crollato. Non chiedetemi della strega, Nostra Signora della Fossa non si è vista e, santocielo, abbassate quelle espressioni dubbiose, non è che non es

Dedicato

a chi incontra le mie storie

Male nostrum

Male nostrum – Giovanni Sicuranza A volte basta ignorarli, oppure dimenticarli.  È sconcertante quanto sia semplice farlo. Allontanati dalla memoria, anche i numeri più elevati di una strage diventano  nulla.  L’epidemia dell’influenza “spagnola” ha causato ventuno milioni di morti in due anni, nel 1918 e nel 1919, che sono come il nostro 2014 e il nostro 2015, sono come due anni della nostra vita, e lo ha fatto con l’impeto della peggiore pestilenza affrontata dalla specie umana.  Americhe.  Asia.  Europa.  Seicentomila morti in Italia.    Ha colpito in tre ondate successive, uno tsunami virale veloce, un cambiamento antigenico improvviso (antigenic shift), che ha oscurato la tragedia della Grande Guerra. Un tasso di mortalità da fare impallidire lo 0,5%, usualmente noto per le epidemie influenzali.  2,5%; con un’inflazione così la specie umana è al collasso.  A confronto per parità di tempo, la peste del XIV secolo è una timida falciatrice. Si è

Visite (riedit)

Visite (riedit) - Giovanni Sicuranza  - da " Sotto la terra qualcosa campa " “Buonasera” Lui muove la testa verso il suono delle parole. Piano, però. La morfina non smussa le lame del dolore. Sospira e subito smette di respirare, perché ha ascoltato il suo grasso gorgoglio e vorrebbe già dimenticarlo. E poi c’è lei, seduta accanto al letto, sensuale da togliere quel che resta del fiato. “È già sera?”, bisbiglia e la domanda annaspa in un bolo. Gli occhi scuri di lei si alzano dal suo viso e vanno alla finestra. “Dio, come sei bella. Anche senza luce”. Le mani di lei, lunghe, planano sul suo petto. L’uomo chiude gli occhi. “Ti faccio male?” L’uomo tace. Negli ultimi mesi trascorsi tra le Unità Operative dell’ospedale, le rughe hanno avuto il tempo di scavare la pelle della sua fronte e intorno agli occhi, alle labbra. Al cuore. Ma ora, mentre le mani di lei salgono a conoscerne il profilo, il viso diventa morbido.

Singolarità

Ho da poco incontrato un parere; isolato, estraneo, singolare:  ormai  di una certa età, almeno nel tempo-web, e  di piacevole compagnia: http://www.amazon.it/Polvere-Silenzi-Narrativa-Giovanni-Sicuranza-ebook/dp/B009QE3STG/ref=sr_1_4?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1436614077&sr=1-4#customerReviews [ immagine: surrealismo di Gabriele Caproni ]

Homo superior

Alla scimmia nuda piace indossare peli sintetici, ogni giorno cambia muta, spesso lo fa più volte al giorno. Persino quando dorme, sovente, indossa una pelliccia per l'occasione.  La scimmia nuda ha perso molti peli e ha lasciato quelli più odorosi, terre feconde di microrganismi e richiami sessuali, poi ha scoperto i vestiti.  La scimmia nuda indossa divise per marcare rapporti di dominanza, e capi firmati, perché la dominanza è ciò che si mostra, oppure stravaganti, perché si è dominanti anche evidenziando la distanza dal gruppo.  Così, giorno dopo giorno, questo primate evoluto lancia segnali sociali alla tribù, con una toga, con un camice, spesso indossando giacca e cravatta, che non rappresentano né una camicia di forza messa al contrario, né un collare con guinzaglio, anche se a volte altri mammiferi osservano la scimmia nuda, il suo comportamento, e sono propensi a crederlo. [da " Nudi alla meta ", Konrad G. Lorenzanza]

Non smettono ancora

"Quel giorno nella chiesa anche i loculi vibrarono al ritmo della sua musica, che era come battito di cuore, di ogni cuore pulsante della terra. Quel giorno con Hozier anche i morti ballarono e lui suonò per tutti, oh, sì, proprio per tutti;  senza mai smorzare una nota, suonò fino all'imbrunire del mondo" [da "Non smettono ancora"; G. S. Flemmone; edizioni dB(A)]

massimo urlo (riedit)

massimo urlo - Giovanni Sicuranza Il suo urlo fu come un orgasmo tra due faglie in movimento. Decibel, la puttana più anziana di Lavrange, non aveva mai assistito ad una esplosione di spasmi e sperma tanto assoluta e pensò subito al terremoto salito dal cuore della terra a ghermirle le tette e forse tutto il globo.  Fece per alzarsi, ma con le labbra appesantite del sapore del ragazzo sverginato, e le mani appiccicate alla sua carne pulsante, ebbe appena modo di portare lo sguardo al soffitto. De resto non occorreva vedere altro; sopra di lei se ne stava l'ultimo istante di vita.  Nero, enorme, pieno di desideri repressi e di fantasie morbose, coagulato da veti e da punizioni, la sovrastava e fremeva.  Era l'urlo del ragazzino, sputato in alto durante l'orgasmo, un urlo massimo, potente.  Enorme. Il cervello di Decibel disse "ma dai", un fiato corto e poi,  denso, l'urlo le rovinò addosso. E divenne silenzio. [da " Sotto la terr