Profili - Giovanni Sicuranza
Lei mi guarda dal profilo Facebook con occhi verdepiatto, una bidimensione tipo sogliola, ma pur sempre un'immagine che stupra i sensi, li rapisce, li piega al desiderio; la vista penetra, una gang band di sensazioni, il mio gusto, l'olfatto, tutti sulla sua pelle, dentro la sua immagine, tra i capelli, lungo le gambe, penduli sul seno, e il tatto che non può, il tatto incestuoso solo su di me.
Mai nulla tra noi, mi scrive a centinaia di chilometri, mai, nemmeno un incontro; tu ti prendi gioco del mio dio.
Che strano, lo scrive proprio così, con la lettera minuscola, come se il mio giocare con il divino tra prosa e poesia lo avesse sminuito.
Non posso stare con un uomo senza religione, aggiunge.
O come se davanti a me, alla mia bestemmia, il suo dio non avesse bisogno nemmeno di mostrare l'ovvio, il nome proprio.
Non rispondo, me ne sto come un buco nero che non comunica, che nulla emana. Vuoto, privo di materia, lontano dal suo respiro e dalla carne che lo riempie.
Lei ha un dio, è il dominante di ogni popolo, il verbo di ogni evoluzione. Assoluto, un Alfa primordiale, castigo e protettore dei mondi. Lo veneriamo per sopravvivere alle fragilità della vita, al silenzio della morte.
Ed è tanto impari la lotta tra me e questa donna, questa guerriera di un dio offeso tra le righe del mio nuovo romanzo, che agli occhi di lei posso solo oscurare il mio profilo, uscire da Facebook.
Ora e sempre, posso solo farmi antimateria.
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