I sorrisi del cielo - da Sotto la terra qualcosa campa -
Giovanni Sicuranza
Magari a entrarci dentro ti perdi, figliolo, è come essere all'orizzonte del mondo, dove tutto quello che ti rimane da osservare è un cielo da vertigini, senza confini.
Sì, rispondo con la testa, ma non lo guardo; non è proprio come dice il nonno, guardare il sorriso di Miriam non è la poesia del cielo; significa piuttosto entrare nell'orizzonte degli eventi, nel nulla prima di un buco nero.
Miriam sorride.
Lo fa sempre.
Tranne quando vuole qualcosa, perché allora diventa Nostra Signora della Fossa, la strega di Lavrange, e tace, pietrifica ogni espressione, e prende, nulla più svela il suo viso, che sia una carezza, una vita, lei tutto prende e nulla rende.
Ma adesso va bene, sorride, passa il respiro sopra di me, sul mio collo, poi va da mio nonno, stremato sul letto, e le lame delle sue labbra brillano saliva e desiderio.
Dovresti farla finita, dice lui. Piano.
Perché? I morti mi hanno già soddisfatta.
Andavano a divertirsi, tutti, famiglie, bambini. Tu, il nonno sputa fondi di sangue, tu sei solo la puttana del lutto.
E' un istante, un istante in cui credo di svuotare paura e attesa in un urlo. Anche mia madre, anche mio padre, e mio figlio, il mio cucciolo di due anni, viaggiavano sull'aereo.
Lo sai che li risveglio, non sei abbastanza vecchio per dimenticare, lo faccio sempre.
Riporti in vita cadaveri, dice mio nonno, asma e sudore rancido al mio fianco.
Mio nonno è un allevamento di tumori, forse non ci sono più cellule riparate, solo catene di montaggio di metastasi.
Eppure non muore. Non se ne va.
Mio nonno piace a Nostra Signora della Fossa. So che una volta, verso la fine della Grande Guerra, si sono baciati e forse quella stessa notte lui è diventato l'untore di una nuova pestilenza, la spagnola. Non vuole ammetterlo, ma il virus della spagnola ha lo stesso genoma del suo DNA, almeno così dice lei, Miriam. E dice anche che la sua malattia è l'immunizzazione alla morte, come un vaccino per l'eternità.
Ma Miriam dice tante cose, tante, anche mentre al telegiornale sale la conta dei cadaveri dell'aereo precipitato.
Non potrete chiedere i danni alla compagnia, sussurra, i morti torneranno presto in vita.
In che stato, singhiozza il nonno, ed io con lui, nel silenzio del terrore, in che stato, dimmelo, maledetta.
Miriam e il suo sorriso persistono, se vogliamo vivere ancora questo è un bene, però mio figlio e i miei genitori sono spezzati, carbone e vapore sull'asfalto, ed io non so più, non so come.
Uccidimi, adesso, insiste mio nonno.
La strega, Nostra Signora della Fossa, non risponde, ammicca al giornalista in bidimensione; lo schermo del televisore ha uno sfarfallio, rapido, una fibrillazione letale, e si spegne.
Tornerò presto, dice, vi porterò i vostri cari.
Poi si dissolve da dove era venuta, dentro e intorno la mia mente, ed io mi riprendo la realtà, quella dove mio nonno è un sacco di carne e piaghe al mio fianco, fragile di età e di dolore, ed io sono la cura e, lento, lo accompagno alla morte.
Sul tavolo in metacrilato, tra le macerie delle siringhe per insulina, tra la polvere bianca sparsa dai sacchetti e i due lacci emostatici abbracciati in un amplesso da vermi, proprio in mezzo, giace supina la lettera della Compagnia Aerea.
L'incidente è avvenuto a pochi metri dall'atterraggio, scrive l'Ufficio Amministrativo, quindi i passeggeri sono giunti a destinazione prima del previsto,
a capo, in grassetto,
siamo pertanto a chiedere ai familiari di provvedere al pagamento del supplemento del biglietto.
Segue l'importo dovuto per ogni persona, ma non voglio leggere oltre, è tempo anche per noi di affrettare il viaggio; afferro i lacci emostatici, per me, per mio nonno, o meglio, lo fanno le dita che nulla sentono.
Il residuo del mio corpo va avanti, la mia attenzione è sull'intestazione della lettera, mi dico di smettere, ma non riesco, i miei sguardi riempiti dal logo della Compagnia,
un sorriso stupendo nel cielo.
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