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Visualizzazione dei post da marzo, 2015

L'editoria in Sicuranza

Ho avuto un'infanzia sofferta di piogge. 

Lullaby-Job

Ho scritto questo racconto nel secolo 2007, quando sussultavo sottopagato e sottomotivato tra una visita fiscale e l'altra dentro le campagne emiliane; oggi lo stile narrativo è lo stesso, ma con meno condimento, il medico fiscale è svanito sotto giravolte di usure, e lo scrittore crede ancora di avere narrato qualcosa di passabile, una storia, che, persino, è stata edita in più occasioni, da varie riviste, fino alla mummificazione nel libro “Storie da Città di Solitudine e dal Km 76” (2010) Non so il perché di questo lungo preambolo, forse perché in genere, quando Stephen King apre le sue raccolte di racconti con spunti riflessivi, viene voglia di leggere tutto il resto, ma proprio tutto.  Lullaby-Job – Giovanni Sicuranza Largo, devo farmi largo su questa strada sudata di gente Il dottor Pier Paolo Lemme è corsa frustrata di gambe su parole silenziose, su sguardi insofferenti. Con la sua borsa di finta-pelle-escoriata, schiva per un pelo sezionato il capo di

Discorso alle ombre

Vi svelo un segreto, tutti i migliori sono matti, eccetto Giovanni Sicuranza.  Lui è matto e basta. Del resto, non tutti i matti sono i migliori.  Oh, insomma, devo aggiungere altro? Lui sarà matto, ma qui ci sono troppe tapparelle che oscurano le menti.  D'accordo, aspettate, mi siedo.  Uhm, chi ha messo una gomma usata sotto il tavolo? Però, viene via facile, ah, gocciola rosso.  Ah-ah, chi ha dimenticato sotto il tavolo un pezzo di intestino? Comunque, uh, buono, ecco, vi spiegavo, questo Giovanni Sicuranza ha fatto una serie di cazzate, che nemmeno a una catena di montaggio riuscirebbe tanto bene. Di sicuro non in questa fase crisaiola. Fino a pochi giorni addietro  ha creduto di essere un valido scrittore. Oggi sta facendo i conti con se stesso.  Purtroppo "Polvere di Silenzi" e "Lungo il vento", in edizione rinnovata, usciranno ugualmente a breve, ma anche da questi romanzi, infine, ha compreso di valere una cicca. O un pezzetto d

Requiem per un compleanno

Non banalizzarmi se ti compiango.  In te trovo anche i peggiori brandelli di me stesso e, quando non ci sono,  ho necessità di inserirli. Scusa, sono fuori luogo, è solo che non comprendo chi si affanna a festeggiare il proprio compleanno e,  allo stesso tempo, mi rantola addosso che ha paura della morte.  Sento i tuoi bulbi piliferi appassirsi sulla memoria, per cui, ti esorto,  d ecidi.  sputo,   la tovaglia, brufolosa su ricordi di caccole, diventa gialla  Ogni compleanno ti avvicina alla scadenza, anche se non ci pensi,  anche se non lo sai.  Persino la candelina numero "uno" , una volta accesa,  potrebbe essere a tua memoria .

Bic (reprise)

Bic - Giovanni Sicuranza Bic era attratta da ogni tipo di biro.  In cinque anni tra le sue mani sono scomparse metropoli di penne a sfera. Numeri enormi, flussi migratori dal tabaccaio sotto casa alla scrivania di mio padre, sì, proprio lui, lo scrittore inadempiuto, il narratore dal punto precoce.  Ma non sono qui per amore filiale, non per la sua tomba.  Non oggi. In questo imbrunire di riflessi bianchi e freddi, in questa nevicata cimiteriale, io siedo sulla tomba di Bic.  Bic, mia sorella.  Cinque anni di vita, due anni di morte.  Le ho portato una nuova biro. Cappuccio blu semplice e corpo vitreo, che svela il colore venoso dell'inchiostro.  - Ciao.  La spingo nel vaso colmo. Cappucci sporgenti di rosso e nero, blu e verde, come una composizione floreale.  In verità il colore non ha importanza.  A Bic piacevano tutte le penne a sfera. Tutte. Un delirio per mio padre, che non è mai riuscito a terminare un romanzo. Che diceva che era colpa di Bic e

Fine

Fine Giovanni Sicuranza - Non parlarmi più.  - Perché? - I tuoi silenzi fanno male. E nelle tue parole non c'è più desiderio.  - Mi dispiace. Se vuoi, però, noi possiamo, ecco, noi, se vuoi.  - Possiamo essere amici, è questo che stai per dirmi.  - Ecco, sì, se vuoi.  - Tu credi? Davvero, intendo, oltre la frase di circostanza, tu credi che possiamo essere amici spontanei, veri; fingere di non sapere che tu sai e che io so. Che la mia passione soffoca qui. Non offendermi con il surrogato ipocrita di una consolazione.    - Meglio che perdersi, penso.  - Molto meglio perdersi, invece. Meglio perdersi che invocare l'amicizia come via di fuga dalle passioni a senso unico.    - Allora finisce così? - Sì. Senza finzioni, senza usure di sospiri e imbarazzi.   - Ma non è un racconto nello stile sicuranziano. - Ah, in che senso? - Nessun colpo di scena. Niente sangue. Nessuna morte.  - Ti sbagli, è appena morto un desiderio. Ecco perché interessia

Profilo

Profilo - Giovanni Sicuranza Vivo circondato da vivi,  eppure  vivo.  Non sopporto il confronto, la parola, lo sguardo, questo mescolarsi tra gente priva di immortalità; non ho bisogni da soddisfare all'esterno, io. Meglio scegliere on-line un nuovo cappotto, un altro modellatore di baffi, pagare con carta di credito e poi cambiare sito, piuttosto che sentirmi gli occhi di un commerciante addosso, infettarmi con il suo sorriso di circostanza, sapere che in realtà mi sta deridendo, lui, che magari è un corpo estraneo, un parassita del mio "stato".  Non mi interessa questa gente, in strada, al lavoro, la socialità dei corpi la lascio ai fragili, a tutti i perdenti. Troppe trappole, troppa tensione, meglio migliaia di contatti nel gruppo che ho creato su Facebook, dove le mie idee piacciono e, sì, certo che piacciono, dove le scrivo come voglio e gli altri seguono. Io proclamo, loro condividono. Tutti loro senza volto, uniti in un unico gradimento. A

masquerade

Esumo "maschere", racconto scritto qualche era geologica addietro (nel 2004, se ben ricordo, e sulla base di uno stile che, in parte, si è evoluto - involuto, mi corregge il mio lettore più affezionato) Perché riproporlo? Uno, tanto per lasciarvi in pasto un nuovo post, considerato che sono in fase anoressica (non è vero, mangio parecchio, mi muovo in modo centrifugo rispetto ai miei neuroni, scrivo il romanzo "Sotto la terra qualcosa campa" ad un soddisfacente ritmo di una pagina al mese, lavoro in media di dieci ore, tre minuti, sei secondi e qualche starnuto di decimi al giorno, tuttavia pre-festivi & festivi esclusi - per questo qualcuno sostiene che non mi impegno abbastanza) Due, "maschere" è la massa oscura ed imperfetta da cui si è sviluppato il romanzo "Quando piove", edito da Montag Editore (anno 2006, sempre se ben ricordo); romanzo anche questo imperfetto, ma pur sempre la mia prima opera edita con più di venti pagine se