Storia d'infanzia (da "Sotto la terra qualcosa campa") - Giovanni Sicuranza
I suoi genitori hanno nomi che non importano, seppelliti sotto la terra, allontanati dalla vista della gente mentre la morte ne trasforma i corpi già ghermiti dal virus del sangue.
Il bambino è cresciuto solo, veloce tra gli stenti, più rapido di un racconto, e gioca con il virus che si porta dentro.
Non va a scuola, non esistono scuole in questo tempo senza economia, però ha imparato a leggere dai necrologi, mentre la pandemia uccideva la città, e ha conosciuto nomi e foto delle persone di cui ne piangono la morte i cari parenti. L'ultimo necrologio la città lo ha dedicato a se stessa, prima di esalare le luci e incendiarsi con i gas del sottosuolo, usciti a squarciare l'asfalto come in un ventre putrefatto.
Il ragazzo si lava nel sangue dei cadaveri, tronchi rigidi abbandonati nelle loro vermiglie maree, e prosegue tra gli edifici silenziosi.
All'aeroporto non trova controlli, il cordone sanitario giace a terra, impotente, inutile.
Quando inizia questa storia tutti credono che sia solo una storia gonfiata dai media, la storia di un virus sterminatore, una storia di quelle brutte, da non raccontare a un bambino.
Adesso, a narrarla, rimane solo lui.
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