Sotto la terra qualcosa campa - infine -
Giovanni Sicuranza
Giovanni Sicuranza
Diamogli un nome, tipo Ernesto, e facciamolo ciondolare in sincronia con i sussulti dell'autobus 17, imbottito di sudori, babele di parole imprecate, urlate al cellulare. Il display nero sopra la farmacia della piazza ha un rosso acceso, quasi fuoco, in accordo con la temperatura esterna, che, dice, è di 37 gradi.
L'autobus, fermentato dalla gente, i finestrini aperti in suppliche d'aria, è delirio a 40 gradi.
Ernesto, lo vediamo, suda così tanto che sembra una statua sotto una cascata. Una statua pallida, di marmo ferita. Ernesto pensa, ci prova almeno, perché al suo interno la temperatura sta sparando oltre i gradi della speranza, pensa che ancora una fermata, una sola, e sarà arrivato infine alla sua cantina, al suo loculo sotto il livello d'asfalto, dove la terra è fresca di vino.
Diciamo che è questo il momento in cui Ernesto muore, muore davvero, così, all'improvviso, anche se la presa rimane ben salda alle maniglie superiori dell'autobus, il corpo che oscilla veloce, più veloce, tra frenate, tra accelerazioni, tra spinte infastidite dei passeggeri. Un anziano gli ficca il gomito tra le coste, secco, rabbioso, e poi c'è quel bambino, che sorride dopo avergli pestato il piede cadavere.
Ernesto inizia a trasformarsi verso la putrefazione, compagno di viaggio di sudati, umidificati, sociopatici, assonnati. Dentro le viscere, è un ribollire di batteri, nuovi, letali.
La bomba ad orologeria è innescata e viaggia tra folle di respiri sul numero 17.
L'autobus, fermentato dalla gente, i finestrini aperti in suppliche d'aria, è delirio a 40 gradi.
Ernesto, lo vediamo, suda così tanto che sembra una statua sotto una cascata. Una statua pallida, di marmo ferita. Ernesto pensa, ci prova almeno, perché al suo interno la temperatura sta sparando oltre i gradi della speranza, pensa che ancora una fermata, una sola, e sarà arrivato infine alla sua cantina, al suo loculo sotto il livello d'asfalto, dove la terra è fresca di vino.
Diciamo che è questo il momento in cui Ernesto muore, muore davvero, così, all'improvviso, anche se la presa rimane ben salda alle maniglie superiori dell'autobus, il corpo che oscilla veloce, più veloce, tra frenate, tra accelerazioni, tra spinte infastidite dei passeggeri. Un anziano gli ficca il gomito tra le coste, secco, rabbioso, e poi c'è quel bambino, che sorride dopo avergli pestato il piede cadavere.
Ernesto inizia a trasformarsi verso la putrefazione, compagno di viaggio di sudati, umidificati, sociopatici, assonnati. Dentro le viscere, è un ribollire di batteri, nuovi, letali.
La bomba ad orologeria è innescata e viaggia tra folle di respiri sul numero 17.
***
Dopo oltre sessant'anni di somministrazione di farmaci negli alimenti, ancora non sappiamo il motivo per cui gli antibiotici fanno crescere tanto in fretta gli animali da allevamento. Del resto, conoscere il motivo è secondario al commercio della carne, del latte e dei derivati.
Una mucca elimina in media una quantità di merda cento volte maggiore rispetto ad un essere umano, lo fa mentre è alimentata con antibiotici, mentre al suo interno si sviluppano germi sempre più resistenti.
Questo succede nella società agricola. Che i germi sono forti, mutati; e attendono.
E questo succede in quella industriale. Che c'è sempre un autobus che passa e se li porta in giro; tra le fermate d'uomo.
[... continua ...]
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