Oltreanima - Giovanni Sicuranza
Lei che ti guarda, e lo fa così, fragile, come vive la vita.
"Vorrei che le nostre anime vibrassero insieme", ti dice, lieve; trema ogni sillaba al vento, come foglia d'autunno, e tu lo senti, questo suo diaframma contratto.
Fai sì, sì, due volte sì con la testa, poi torni a socchiudere gli occhi nella fossa tra le montagne e pensi.
"Allora", osa Elisa, "Allora, dimmi"
Chiudi le palpebre, e sai che è vero, Elisa, dalla vita, non ha appreso nulla.
Siamo due cuori e una capanna, aggiunge, o forse no, forse è solo lo sbuffare del vento a cui dai forma, perché questa è la frase scontata, che dovrebbe seguire alle sue banalità sull'amore.
Però Elisa non ha colpa, è stata educata come tutte, fiabe a lieto fine, Barbie e Ken, rospi che si trasformano in principi, quando è più facile che un principe sia il pasto di un rospo, insomma, almeno è questo che ti viene in mente, prova a seppellire il cadavere del principe in una palude e poi stiamo a vedere.
Ah, e poi ci sono i confetti rosa. Rosa come la vulva di Elisa.
"Cosa hai", singhiozzo, e non è il vento, è proprio lei, "cosa hai detto, scusa".
Non apri gli occhi. Non ancora.
Non so, rispondi, forse pensavo ad alta voce, ecco.
"Vulva, hai detto vulva, non credere di prendermi per scema, ti comporti come un maniaco", singhiozzo reiterato nel vento. Lungo.
Scusa, tesoro, le spieghi, calmo, la voce bassa, e se non ti sente non importa, perché a te questo suono piace, viene dalle caverne polmonari, dagli abissi degli alveoli, mica da romanzi rosa, scusa, davvero, è che mi hanno fatto così, gioco da quando sono nato, e tu non sei tanto diversa dai miei personaggi, sei un livello superiore, certo, ma non vai oltre la carne e il sangue, almeno credo.
"Perché non mi ascolti?"
Tu ed Elisa, voi, siete la fine del mondo, lo dicono le sue amiche, lo dice anche Cesare, ma Cesare è il più scarso nei giochi di ruolo, per cui non conta, e poi non siete la fine del mondo, non ora, ora siete uno accanto all'altra, sulla sponda della strada che si infrange sul vento, siete sul baratro sopra il livello della fossa di Lavrange. Voi siete alla fine del mondo.
"Dimmi qualcosa, insomma, almeno per rispetto, c'è la mia anima, qui, non senti, non vedi"
E non parli.
Potrei spingerti nella fossa, Elisa, perché non so cosa farmene della tua anima, anzi, non c'è nessuna anima, te l'ho detto, sei sangue e sei carne e sei anche terra, terra alla terra.
Ti giri verso di lei, la tieni stretta, lei urla, allarga il torace, gonfia il seno, il collo, ma le tue mani sono forti, allenate da ore ed ore di video-giochi, e, ecco, adesso sono la sua prigione.
Basta un secondo per spingerla, basta solo non esitare, basta ricordare che è un game over, spegni qui e passa ad un altro livello, sopra o sotto la fossa di Lavrange non importa, tu vinci sempre, altro che anime e cuori infranti.
E adesso ce l'hai, la senti, ascolti il suo terrore silenzioso, vedi una lacrima lungo il profilo delle sue labbra inermi, la osservi incuriosito, è come una moccola albina, e allora, tu, che vivi di giochi di ruolo, fai un passo, la trascini nella presa, e poi un altro, mentre lei si affloscia, svuotata. La adagi tra l'erba, sulla solidità della collina, metti più roccia tra voi e il salto nel vuoto.
Liberati dal ruolo, Elisa, sussurri, fragile, curvo su te stesso; mi dispiace, non ci sono anime eterne, dici, e intanto accarezzi il salice piangente del suo corpo.
Non c'è vita senza sangue e senza terra.
Non c'è pensiero senza carne.
Poi ti adagi accanto, le accarezzi i capelli che sanno di umido e fango. Tra le dita prendi il vento e prendi il suo respiro, li sfiori, fino a quando il suo respiro diventa più tenue, e più bello, del vento.
E' questa, vedi, la forza del nostro amore.
Le dici.
Le dici.
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