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Visualizzazione dei post da novembre, 2013

Binario 3

Binario 3 - Giovanni Sicuranza Io ricordo questo di mio nonno. Mattina sopra mattina, umida d'inverno e umida d'estate, lui si alzava, penombra di silenzi, e svaniva. A volte mi capitava di vederlo aprire la porta e diventare sottile, sempre più, surreale come un fantasma mentre l'uscio si richiudeva alle sue spalle; succedeva quando l'ansia di un compito di matematica, quella per un amore irraggiungibile, mi svegliavano prima di andare a scuola e capitava spesso l'anno in cui mio nonno svanì. A casa non parlavo dei miei dolori, i miei si interessavano a me solo se rispondevo che tutto andava bene, e mio nonno, lui, aveva gli occhi lontani.  Però li sentivo, mamma che sospirava, papà che borbottava. Non per me, per il nonno. "E' sempre peggio", "Un giorno dovremo chiamare i carabinieri e forse nemmeno lo troveranno", "Ma se va sempre lì, sempre in stazione, è questo che mi tormenta".  Era l'anno in cui mi dichiarai

Fa un freddo cane

Fa un freddo cane – Giovanni Sicuranza Fa un freddo cane. Burk lo sa, è da quando sono entrati nella brughiera che guaisce, il pelo ritto tra le orecchie, lembi spelacchiati di nero a sfiorare la brina. In questa terra dilaniata dal tempo, tra putrescenze vegetali, non crescono fiori, ma steli di nebbia, alti oltre Burk, persino oltre il ragazzo.  Si chiama Franco, il ragazzo, ha appena compiuto dodici anni e non c’è gioia nel suo animo.   - Lo farai tra una settima esatta, al tuo compleanno.  - Devo, nonno? - Ne abbiamo già discusso, Franco. Lo fanno tutti a dodici anni.  - E la strega, quanti di noi ne ha presi, la strega? Erano rimasti in silenzio, tra il fuoco acciaccato del camino, e Franco aveva smesso di guardare il nonno, perché la sua espressione era diventata più cupa di ogni presagio di risposta.  Burk striscia, guaisce, annusa l’aria con affanno, gli occhi grandi che scivolano tra le lapidi dei Dimenticati, cadaveri secolari senza nomi, sfigurati nel corpo

Nessun caso per il Commissario Massimo Riserbo - capitolo quarto o della misticanza

Nessun caso per il Commissario Massimo Riserbo - capitolo quarto o della misticanza - Giovanni Sicuranza Il Commissario Massimo Riserbo riceve il verbale sul primo caso di tomba violata, lo legge, lo comprende, sospira. L'alito condensa dubbi sulla finestra che racchiude i grigi nebbia d'autunno.  Un furto aggravato, una macchietta tra i reati, almeno nella scaletta dei casi anelati, eppure il Commissario sente il dovere di dedicare la fine della giornata al cimitero di Putrescina, rudere lapidario appollaiato sull'apice della Collina di Passo Zoppo, perché una salma svanita significa discendenti indignati, allarme sociale, articoli e chiacchiere da bar, magari condivisioni scandalizzate su Facebook.  Riserbo vede il suo profilo gonfiarsi di proteste, figurarsi, poi, mica è sparito un cadavere nessuno, no, hanno trafugato la salma di un martire cristiano. Riflette, il Commissario, e tra le dita girano i lembi del suo borsalino nero, nero come i timori di chi

Prosit!

Non lo ammetteranno mai, ma so che Massimo Riserbo, Fiaccola, Papà-Orco,  il Martire Padre Nostro e Mentina Audience sono orgogliosi di dare vita e morte  al romanzo "Nessun caso per il Commissario Massimo Riserbo". 

Dissonanze

Dissonanze  * – Giovanni Sicuranza Io lo temo subito, il silenzio, pieno di rimproveri e disillusioni, come scoprire mia figlia che ne ha fatta un’altra delle sue. Abbasso lo sguardo e lei lo raccoglie negli occhi verdi, lo stesso colore del prato bagnato, scuro, gonfio di pioggia. - Ti prego - voce in la bemolle, fragile, colpevole. - Non voglio qui la nonna, lo sai – le dico e, me ne accorgo da come mia moglie scuote la testa, sto ancora arricciando il labbro superiore sui denti, digrigno come un cane rabbioso. Però magari adesso non la gonfio di botte, magari provo a trattenermi, cerco di non fare piangere mia figlia, così questa notte mia moglie me la da, con che fatica, però, a che prezzo.  La piccola fetente ha portato mia madre in cucina; già che sia andata nella sua stanza senza dirci nulla, dovrebbe essere sufficiente ad affondare un calcio nel suo culetto paffuto, invece no, non posso; guardo mia moglie, che mi penetra in silenzio, brava, lei, a rimproverare con

Fiaccola e Luna

Fiaccola e una luna  * - Giovanni Sicuranza La prima volta in cui Fiaccola scopre la luna, il cielo è così silenzioso e nero che tutta la gente di Putrescina accende le connessioni e inizia a socializzare. Fiaccola, seduta davanti alla finestra, si domanda se può essere bello, questo cielo notturno, con i brufoli gialli e l’occhio biancastro. Sola in camera, immersa nel castigo di papà-orco, che l’ha sgridata per avere portato in cucina nonna Festina, scopre che sì, il cielo è bello, comunque più di papà-orco, e forse in tutto quello spazio c'è posto anche per l'intelligenza, mica come il suo papà, l'orco, che non capisce, non sa che nei videogiochi succede, i morti non sono mai davvero morti, se ne vanno in giro, e allora, ecco, perché lei non può prendere in braccio la nonna e portarla a spasso, la sua nonna, bella anche ora che ha smesso di ridere e giocare. I videogiochi sono la conoscenza di ogni bambino, ma forse anche questo cielo, tanto grande e pieno, no