Nessun caso per il Commissario Massimo Riserbo
[Giovanni Sicuranza]
Vapori di alitosi e, dentro, parole spezzate; ecco la guardarobiera, sfumata nel chiaroscuro del corridoio, incassata nello spazio asmatico tra due armadi, come mummia in esposizione. Null'altro tra noi se non l'odore di chiuso della sua bocca, ammorbante, pestilenza per l'olfatto. Magari di solito nessuno ha tempo e voglia di ascoltarla, e lei tace, e si è tenuta dentro tante parole, a fermentare, ma non adesso, adesso ci sono io e c'è la sua ansia, questa orrida abbinata per la mia sopportazione.
- Si calmi - tento e forse lo dico a me stesso.
- Calmarmi? Commissario, ha capito o no?
Ecco, pagine di romanzi gialli e noir lo insegnano, a questo punto dovrei chiederle di ripetermi tutto, però mica posso lasciare che uccida l'ossigeno-misto-muffa di questa pagina.
- Allora, signora, mi ha chiamato perché dopo il post "Intermezzo pubblicitario" sono spariti dei gradimenti.
- Tre, commissario Risento, tre in pochi minuti, come lo spiego al Direttore della Pagina?
Forse svengo, anzi, forse la uccido, non credo che il fetore della sua putrefazione sarà più intenso di questo alitarmi contro.
- Signora guardarobiera, mi chiamo Riserbo, Massimo Riserbo, no, no, la prego, non aggiunga altro, ho compreso, mi creda - sono in apnea, ma opto per la morte dei neuroni cerebrali, di quelli che mi rimangono, piuttosto dell'agonia di questo dialogo, e continuo, rapido - Il punto è che, vede, signora guardarobiera, non c'è mistero, non c'è reato, è tutto normale.
Le scorgo, ragnatele di saliva che si tendono, mentre quelle labbra appassite nelle pieghe del mento, quelle porte mefitiche, si aprono e allora, basta, non dubito oltre e le sparo.
Un colpo diritto in bocca. Trapassante. Purificante.
La guardarobiera cade in flop di palude ed io rimango immobile, ad inspirare l'aroma acre del fumo del proiettile, mia intensa liberazione.
Ora devo solo trovare l'uscita da questa pagina, seguire il percorso già aperto da chi ha tolto il gradimento, e sperare che Giovanni Sicuranza non mi disturbi ancora per una storiella senza capo, coda e alta narrazione.
Le mani nelle tasche di un soprabito, che indosso apposta, perché così vuole l'autore, io, Massimo Riserbo, commissario cliché di racconti noir, cerco una trama avvincente, anche se temo che non ci sarà mai, perché nella sovrabbondanza della produzione dei libri, nessuna storia è veramente desiderata per sempre dai lettori, ma solo consumata, veloce, feroce, per permettere alle altre di subentrare e di essere consumate. Al più posso anelare al rapido consumo di qualche "mi piace", bruciato come il tabacco da pipa che mi fumo dentro, anche se fumare fa male, ma è un bene nel tratteggiare un personaggio come me, commissario del noir.
La guardarobiera, però, Sicuranza poteva idearla senza l'alitosi, anche se forse, non so, è stato un pretesto per scrivere qualcosa, per attirare un po' l'attenzione di chi mi sta leggendo addosso.
Anche la sua ansia era assurda, insomma, dico, il social network è composto da "gruppi guardaroba" oppure no?
E' come assembrasi tutti davanti al guardaroba del teatro, ecco come; un gruppo disomogeneo, di sconosciuti che guardano per un po' verso lo stesso angolo, lì dove sono conservati soprabiti come il mio, anche se il mio è rigorosamente trench, altrimenti non potrei fare il commissario noir.
Nulla unisce le persone del "gruppo guardaroba", nulla le cementa, se non la possibilità di svanire una volta consegnato il biglietto, il "mi piace", e ritirato l'indumento. Questo è il bello del social network, crearci identità e poi svanire senza responsabilità, senza spiegazione. E' il massimo consumo della libertà, nessuna legge infranta, nessun colpevole.
La guardarobiera, infine, era un personaggio insensato e, alitosi o meno, ho ben fatto a stecchirla. Beh, un istante ancora e poi uccido anche il mio monologo. Nemmeno questo sarà un delitto, anche questo è solo oblio.
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