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Visualizzazione dei post da settembre, 2013

Nessun caso per il commissario Massimo Riserbo

Nessun caso per il commissario Massimo Riserbo   romanzo - incipit - Giovanni Sicuranza Ascolta, la pioggia che è rabbia sulle vetrate della tua cucina e il cuore, ascolta il tuo cuore, batte rintocchi profondi, bassi, inutili per quelli come te, che non conoscono vita.  Siete una sinfonia gotica, pianoforte e grancassa, pioggia all'imbrunire e cuore nero di malinconia. Ascolta, Massimo Riserbo, dopo potrai pensare ancora alla tua ansia, al tuo essere personaggio, alla follia dell'esistere in prosa e, magari, persino recensito.  So cosa vorresti dirmi dei recensori, tutti; nel bene e nel male, è per causa loro che non volevi tornare; credi che siano i parassiti dell'autore, perché, quando ne elogiano un libro, e quando lo stroncano, vivono comunque riflessi dell'opera, ne hanno bisogno per riprodurre la propria esistenza all'attenzione dei lettori; questo ricordi, e, tum, il cuore va più veloce, e la pioggia è incupita dal coro dei tuoni, ma adesso basta

Schiavi

Schiavi - Giovanni Sicuranza Tutti conosciamo più che bene, dall'autopsia della nostra esperienza quotidiana diretta, le virtù benefiche e terapeutiche del mercato dei beni di consumo. Tuttavia, conosciamo altrettanto bene, scomodo compagno, il senso di colpa che deriva dal non riuscire a trascorrere abbastanza tempo con le persone più care e vicine. Una sensazione che la frenesia della nostra esistenza ha reso semmai più comune. Quasi tutti siamo schiacciati dalle preoccupazioni che sorgono dalle relazioni quotidiane sul lavoro; le portiamo con noi, ovunque, nei computer, nei cellulari, a casa, a letto, in bagno, durante le gite dei fine settimana, in vacanza.  Rileggete tutto, adesso, forse è da brivido l'alienazione, l'arido orrore di tutto questo. In un mondo di produttività, dove trovate sempre qualcuno disposto a lavorare nel tempo per voi stessi e per i vostri cari, per invadere il vostro respiro, abdicare significherebbe essere "fiori gioco". 

Nessun caso per il Commissario Massimo Riserbo

Nessun caso per il Commissario Massimo Riserbo   [ Giovanni Sicuranza]   Vapori di alitosi e, dentro, parole spezzate; ecco la guardarobiera, sfumata nel chiaroscuro del corridoio, incassata nello spazio asmatico tra due armadi, come mummia in esposizione. Null'altro tra noi se non l'odore di chiuso della sua bocca, ammorbante, pestilenza per l'olfatto. Magari di solito nessuno ha tempo e voglia di ascoltarla, e lei tace, e si è tenuta dentro tante parole, a fermentare, ma non adesso, adesso ci sono io e c'è la sua ansia, questa orrida abbinata per la mia sopportazione.  - Si calmi - tento e forse lo dico a me stesso.  - Calmarmi? Commissario, ha capito o no?  Ecco, pagine di romanzi gialli e noir lo insegnano, a questo punto dovrei chiederle di ripetermi tutto, però mica posso lasciare che uccida l'ossigeno-misto-muffa di questa pagina. - Allora, signora, mi ha chiamato perché dopo il post "Intermezzo pubblicitario" sono spariti dei grad

Intermezzo pubblicitario

Intermezzo pubblicitario  (attenzione: il contenuto risulta banale, noioso, sgradevole, tendenzialmente sociopatico)  Le forze che distolgono dalla vita familiare e spingono verso il mondo del lavoro vengono continuamente alimentate dal consumismo, ideale per mantenere il rovesciamento di priorità emotive tra i due ambiti. Esposti ad un bombardamento continuo di pubblicità, ci si convince di avere bisogno di più cose, ma per comprarle occorrono più soldi e per guadagnare bisogna lavorare di più. Così si sta fuori casa, fuori dall'ambiente dei sentimenti, per molte ore, cercando di rimediare all'assenza con regali materiali: si materializzano i sentimenti. Il ciclo è senza fine.  Il distacco emotivo e l'assenza fisica dalla scena di coppia rendono il lavoratore, uomo e donna, insofferenti di fronte ai conflitti, che inevitabilmente nascono dalla convivenza; le abilità necessarie per dialogare e comprendersi tendono ad essere sempre più ristrette, ghettizzate, e

Il mio amato [riedit]

Breve monologo, scritto di getto durante il primo ricovero per embolia polmonare. Mi piace perché traduce il pessimismo dei medici, che era diventato un po' mio, ma solo un po', e alla fine di nessuno. Poi c'è questo: mi trovavo lungo l'effetto di un farmaco morfinoide, tra rami di flebo nel dorso della mano, negli avambracci, insomma, avete presente, stile penetrazione dei rami nel film "La Casa" di Raimi, solo che io ero il protagonista in versione ospedaliera; avere scritto questa piccineria in tale stato, nonostante tale stato, mi rende un po' fiero di me. Solo un po', intendo. Il mio amato Giovanni Sicuranza - Lo amo, bastarda!  - E allora? Sai quanti legami ho spezzato, crack improvvisi nella loro apoteosi.  - Con noi, no, non riuscirai.  - Nei secoli dei secoli.  - Cosa? - Che noia, quante volte ho sentito sprecare questa frase. Lui sarà attratto da me, infine, ti dimenticherà. - Beh, troverò un modo. Amo troppo Giovanni

Cuccioli sospesi

Cuccioli sospesi - Giovanni Sicuranza Mio figlio si sveglia ogni mattina alle 07.33.  Mentre apre gli occhi sui miei, io chiudo i miei sui suoi. Così riesco ancora a dargli un bacio, riesco a fingere che sia tutto come prima e non importa se l'istante dopo vomito.  Mio figlio è morto sette giorni fa, l'ultimo con l'ora legale, alle 08.33; dopo, tutto il dopo del lutto, il nostro pezzo di mondo è balzato indietro di un'ora e mio figlio deve essersene accorto, anche se a nove anni d'età dedichi all'ora legale la stessa attenzione che daresti alla probabilità di morire, subito, smembrato da un autobus, con papà destinato a salvarsi, la sua mano che stringe la tua mano, e più niente di te, il resto di lui da allora regredito ad una larva post-traumatica da shock.  Un pirata della strada, così hanno detto, come se il colpevole avesse il teschio sul cofano dell'auto e la benda in un occhio. Voglio dire, se fosse davvero un pirata, sarebbe facile i

La vita mia

La vita mia - Giovanni Sicuranza Vivo circondato da vivi, eppure vivo.  Scrivono che acquistiamo sempre più on-line, perché in rete si trova di tutto, perché è comodo. I nostri desideri a domicilio, ecco il desiderio nel desiderio, proprio così hanno scritto, ed è stata apoteosi del “mi piace”.  Io non sopporto il confronto, la parola, lo sguardo.  Per me è meglio scegliere un cappotto grigio, un modellatore di baffi, pagare con carta di credito e poi cambiare sito, piuttosto che sentirmi gli occhi di un commesso addosso, capire dal suo sorriso di circostanza che mi sta sopportando, sapere che mi sta deridendo.  Non mi interessano i vivi del condominio, in strada, al lavoro.  Replicano, cercano emotività dei corpi, il confronto immediato. Troppe trappole, troppa tensione, meglio centinaia di contatti nel gruppo che ho creato su Facebook, dove le mie idee piacciono e, sì, certo che piacciono, dove le scrivo come voglio e gli altri seguono. Io proclamo, loro condivi