Lacrimosa (riedit) – Giovanni Sicuranza
La prima volta che ho raccolto un suo vestito, Lacrimosa aveva cinque anni. È un’età in cui il pianto uccide e fu proprio questo che mi fece; dicono che una scelta ti cambia la vita, ma nessuno aggiunge che, se ti cambia la vita, allora ti cambia anche la morte. Da quel giorno il mio respiro è rimasto annichilito nella disperazione di Lacrimosa.
Guardavo il cielo, quel giorno, inseguivo gli sbuffi grigi delle nuvole, e per un attimo mi sembrò di assistere alla caduta di un aquilone ferito; invece era la gonna gialla e rossa che Lacrimosa aveva indossato alla festa della scuola materna, leggera, con sentieri tortuosi di gelati e cioccolata. Io alla festa ero rimasto in un angolo, silenzioso tra gli ignorati, a perdermi nelle danze proprio di quella gonna. E rieccola, fruscio dal terzo piano, dalla stanza di lei, tra i giochi delle sue piccole mani, troppo piccole per resistere al vento, fino a quando il vento se la prese e Lacrimosa iniziò il pianto, il pianto di Lacrimosa, profondo, lacerante, e io mi immobilizzai in attesa che le ali spezzate di cotone rosso e giallo della gonna si adagiassero su di me.
La madre scese un attimo dopo, sotto una pioggia di urla nere, sotto il temporale di quel dolore di bambina, e mi strappò la gonna dalle mani con un sorriso veloce.
Il giorno successivo Lacrimosa era nel cortile del palazzo, aveva una tuta viola e un bacio per me.
Così cambiò la vita, così cambiò la mia morte.
Quando ci sposammo, lei arricciò la gonna rossa e gialla tra le pieghe del vestito da sposa e fece in modo di non perderla, mai, al ricevimento, tra i balli, e fu così, mica per le sue parole, che mi fece capire quanto intendeva amarmi “per sempre”.
Guardavo il cielo, quel giorno, inseguivo gli sbuffi grigi delle nuvole, e per un attimo mi sembrò di assistere alla caduta di un aquilone ferito; invece era la gonna gialla e rossa che Lacrimosa aveva indossato alla festa della scuola materna, leggera, con sentieri tortuosi di gelati e cioccolata. Io alla festa ero rimasto in un angolo, silenzioso tra gli ignorati, a perdermi nelle danze proprio di quella gonna. E rieccola, fruscio dal terzo piano, dalla stanza di lei, tra i giochi delle sue piccole mani, troppo piccole per resistere al vento, fino a quando il vento se la prese e Lacrimosa iniziò il pianto, il pianto di Lacrimosa, profondo, lacerante, e io mi immobilizzai in attesa che le ali spezzate di cotone rosso e giallo della gonna si adagiassero su di me.
La madre scese un attimo dopo, sotto una pioggia di urla nere, sotto il temporale di quel dolore di bambina, e mi strappò la gonna dalle mani con un sorriso veloce.
Il giorno successivo Lacrimosa era nel cortile del palazzo, aveva una tuta viola e un bacio per me.
Così cambiò la vita, così cambiò la mia morte.
Quando ci sposammo, lei arricciò la gonna rossa e gialla tra le pieghe del vestito da sposa e fece in modo di non perderla, mai, al ricevimento, tra i balli, e fu così, mica per le sue parole, che mi fece capire quanto intendeva amarmi “per sempre”.
La nostra famiglia iniziò con un lutto. La madre di Lacrimosa spirò un’ora dopo avere ballato con noi, alla festa nuziale. Un embolo, questo disse il medico legale; un grumo di grasso si era staccato da qualche parte delle gambe e aveva intrapreso un percorso verso i polmoni; mentre la madre di Lacrimosa piangeva, commossa, la sua ciccia aveva varcato ogni barriera del sangue; mentre saltava e batteva le mani al ritmo degli U2, l’adipe si era sparpagliato nei polmoni, soffocandoli.
Nostro figlio arrivò otto mesi dopo e decise di andarsene subito, perché l’ossigeno del mondo non gli bastava.
Io sono stato il terzo lutto. Lastricato sull’asfalto da un camion di passaggio. Lui non aveva visto me, io vedevo solo il nostro dolore.
Lacrimosa adagiò la gonna dei suoi cinque anni sul mio petto e così volle che mi seppellissero.
Ora credo sia ora di tornare da mia moglie, credo sia tempo di riportarle la gonna. Vedete, lei ha ricominciato a piangere, assoluta come quando raccolsi da terra il suo vestitino giallo e rosso. Allora mi catturò con la forza delle lacrime, rendendomi parte del suo dolore, parte di lei.
E queste, credetemi, sono emozioni che non hanno fine.
Nostro figlio arrivò otto mesi dopo e decise di andarsene subito, perché l’ossigeno del mondo non gli bastava.
Io sono stato il terzo lutto. Lastricato sull’asfalto da un camion di passaggio. Lui non aveva visto me, io vedevo solo il nostro dolore.
Lacrimosa adagiò la gonna dei suoi cinque anni sul mio petto e così volle che mi seppellissero.
Ora credo sia ora di tornare da mia moglie, credo sia tempo di riportarle la gonna. Vedete, lei ha ricominciato a piangere, assoluta come quando raccolsi da terra il suo vestitino giallo e rosso. Allora mi catturò con la forza delle lacrime, rendendomi parte del suo dolore, parte di lei.
E queste, credetemi, sono emozioni che non hanno fine.
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