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Stress lavoro-correlato



Stress lavoro-correlato 

La differenza tra stress positivo, acuto, o eustress, e stress negativo, cronico o distress, può essere così riassunta: 
Eustress: grado ottimale di tensione e sollecitazione esterna, che si risolve raggiunto l’obiettivo; che difende dalla monotonia e attiva le persone; affina le capacità di attenzione e concentrazione; sollecita l’apprendimento e la memoria; facilita la risoluzione creativa dei problemi. 
Distress: continua esposizione a stimoli esterni; attivazione fisiologica e psichica eccessiva; sforzo dell’organismo esagerato e innaturale; processo di sopportazione e resistenza; periodo di logorio ed esaurimento. 

INCIDENZA E COSTI 
Nella prima Indagine europea sull'ambiente di lavoro Levi e Lunde-Jensen (1996) hanno quantificato la prevalenza negli Stati Membri dell'UE della combinazione di  elevato impegno richiesto dal lavoro con uno scarso controllo sul lavoro. 
Utilizzando la suddetta definizione - piuttosto ristretta - dei fattori di stress legati all'attività lavorativa, gli autori hanno calcolato che una percentuale del 9-12 % della forza lavoro maschile e 9-11% della forza lavoro femminile è sottoposta ai suddetti "fattori di stress". Si calcola inoltre che, rispetto alla totalità dei casi di malattia associabili al lavoro, in Svezia i costi connessi ad alcune patologie cardiovascolari - probabilmente dovute a stress - siano pari al 3,2 % per le donne e al 5,7 % per gli uomini. 
Poiché le condizioni di lavoro caratterizzate da "elevato impegno e scarso controllo", sono correlate a un più elevato numero di assenze per malattie (ossia a una gamma più ampia e indefinita di condizioni patologiche) si può stimare che in Svezia ciò venga a costare ogni anno 450 milioni di euro, pari all'incirca al 10% delle spese per malattie attribuibili al lavoro per i lavoratori di entrambi i sessi. 
Nonostante la definizione piuttosto restrittiva di stress applicata da Levi e Lunde-Jensen (1996), si è riscontrato che i costi connessi allo stress da lavoro sono dello stesso ordine di grandezza di quelli derivanti dall'esposizione ad altri fattori patogeni ben noti, come il rumore e le sostanze cancerogene (Danimarca). Sulla base di tali confronti, Levi e Lunde-Jensen (1996) giungono alla conclusione che "la prevenzione dello stress dovrebbe senz'altro essere inserita fra le priorità assolute delle politiche per la salute e la sicurezza sul lavoro". In base ai calcoli dell’Health & Safety Executive britannico, "almeno la metà di tutte le giornate lavorative perse sono connesse allo stress sul lavoro". In un altro studio sulla previsione del costo totale per infortuni e malattie professionali si è evidenziato che, nel 1990, nel Regno Unito, il costo a carico dei datori di lavoro era compreso tra 4,5 e 9 miliardi di sterline; i costi per le vittime e le loro famiglie sono stati pari a circa 4,5 miliardi di sterline; il costo complessivo per l'economia del Paese era compreso tra 6:12 miliardi di sterline (tra 9 e 18 miliardi di euro). Un tentativo più globale di valutare i costi per la collettività di tutti i problemi di salute di origine professionale è stato compiuto in una relazione pubblicata dall'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (1999). 
Secondo alcune stime i costi variano fra il 2,6 e il 3,8 % del rispettivo PIL, pari a i 185-269 miliardi di euro all'anno per i 15  Stati membri dell'UE. Supponendo che almeno il 10% dei costi siano da attribuire allo stress legato all'attività lavorativa si può affermare che quest'ultimo comporta una spesa di circa 20 miliardi di euro all'anno. 
È molto probabile che tale cifra sia di gran lunga inferiore alla realtà. 

PRINCIPALI CAUSE DI STRESS 
Alcune situazioni di stress possono essere considerate comuni a più lavoratori come ad esempio: 
Ritmi lavorativi e orari di lavoro;  
Innovazioni rilevanti;
Normative contrattuali; Performance: tipologia della performance che i compiti lavorativi richiedono al singolo può essere sovradimensionata, oppure sottodimensionata; 
Interazioni individuali con il compito: modalità d’interazione del soggetto e del “prescrittore”, dei compiti lavorativi; a fronte di compiti uguali, alcuni necessitano d’indicazioni precise, dettate “step by step”; altri richiedono solo la declarazione dell’obiettivo finale del compito avocando a sé l’autonomia.

Un ulteriore aspetto riguarda i cosiddetti “carichi mentali” derivanti dal lavoro, vale a dire l’impegno intellettivo e la “pressione” dei tempi decisionali. 

Infine, gioca un ruolo rilevante nel determinismo di molte reazioni di stress, il livello di responsabilità che il lavoro richiede al singolo. 
Un ulteriore motivo di stress può essere rappresentato dagli aspetti temporali della giornata di lavoro e dell'attività lavorativa: lavoro a turni, in particolare turni a rotazione; lavoro straordinario indesiderato o numero "eccessivo" di ore; doppio lavoro; lavoro a cottimo in alternativa alla retribuzione oraria (ritmo di lavoro condizionato dal sistema di retribuzione); ritmo di lavoro accelerato, soprattutto in presenza di richieste pressanti da parte del personale addetto alla sorveglianza; tempo insufficiente per rispettare le scadenze di lavoro; programmazione dei cicli di lavoro e di riposo; variazioni della quantità di lavoro assegnata; interruzioni. Indipendentemente dagli aspetti temporali, anche il contenuto dell'attività lavorativa può essere causa di stress: lavoro frammentario, ripetitivo, monotono che prevede compiti e competenze poco variati; autonomia, indipendenza, influsso, controllo; utilizzo delle competenze disponibili; opportunità di acquisire nuove competenze; vigilanza mentale e concentrazione; incertezza delle mansioni o delle richieste; contraddittorietà delle mansioni o delle richieste; risorse insufficienti in relazione all'impegno o alle responsabilità necessari per portare a termine il lavoro (per esempio: competenze, apparecchiature, struttura organizzativa). 
Anche i rapporti interpersonali o con tutto il gruppo di lavoro, possono influire negativamente: possibilità di interagire con i colleghi (durante il lavoro, nelle pause, dopo il lavoro); dimensione e coesione del gruppo primario di lavoro; riconoscimento per i risultati ottenuti nel lavoro; partecipazione ai processi decisionali; feedback e riconoscimento da parte dei supervisori; possibilità di ricevere un feedback dalla supervisione; grado di rigore della supervisione; sostegno sociale; sostegno strumentale; equa distribuzione del lavoro; molestie. Inoltre, anche le condizioni dell'unità produttiva può facilitare l'insorgenza di fenomeni di stress: dimensione dell'organizzazione; struttura (ad esempio: struttura "orizzontale" con pochi livelli all'interno dell'organizzazione); posizione di staff (piuttosto che posizione di linea); lavoro alla periferia dell'organizzazione; prestigio relativo delle mansioni svolte; struttura organizzativa non chiaramente definita (attribuzione delle responsabilità; presupposti organizzativi per conflitti di ruolo e ambiguità); burocrazia organizzativa (amministrativa) e procedure incongrue (irrazionali); politiche discriminatorie (per es. nelle decisioni sui licenziamenti o le promozioni). Non vanno infine dimenticati i fattori psicologici e sociali insiti in alcune realtà lavorative: ad esempio i lavori che comportano la necessità di venire a contatto con la sofferenza umana, con malattie o infortuni (come per esempio i servizi di polizia, di assistenza medica e d'emergenza) o nei quali il personale stesso è esposto a pericoli fisici (sommozzatori; operatori del settore della pesca) oppure a minacce di aggressioni (personale di sorveglianza) possono risultare molto gravosi sul piano emotivo ed essere fonte di stress. 

Dott. Giovanni Sicuranza, Medico Legale, Medico Competente

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