Senza fine
Giovanni Sicuranza
Non prendermi in giro.
Io sono morto.
Devo essere morto, perché la moto che si innalza nel cielo per portarti sulla consistenza di un palo di cemento, di un cemento armato, non ti risparmia la vita. Di mia figlia, in sella dietro me, ha smembrato ognuno dei cinque anni.
Da allora è come un cortocircuito, il palo che diventa immenso ai miei occhi e poi il risveglio in ospedale. Lo so come vivo, vivo come farebbe un morto che si è creato un guscio per non impazzire.
Me lo ripeto ogni giorno che è impossibile sopravvivere a un incidente come il mio. Che i residui organici della mia piccola sono ancora sparsi nel campo di girasoli.
Il mio è uno stato di allucinazione post-mortem, è solo shock emotivo, sto riproducendo la vita attraverso qualche tenacità di memoria; il mio camminare tra voi, il mio parlare con voi. La finzione pietosa della mente di un morto.
Forse per questo mi ostino a preservare il blog, perché tu sei iscritto, eppure non ti vedo, non ti sento. Sei l'entità più vicina alla condizione di non-morto che mi sento dentro.
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