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E' vero?


Le caratterizzazioni precise dei personaggi?
No, le escludo, sono inadatte agli schemi liberi delle mie storie surreali. 
Preferisco descrive un soggetto con pochi elementi, anche indiretti. Se ripete spesso "è vero?", a cosa serve dedicare pagine e pagine alla sua insicurezza? Se non è funzionale alla trama, perché devo entrare nella sua vita e spiegare come è diventato tale? Voi mica sapete perché siete nevrotici. Intendo, spesso non lo sapete, vero? Un "è vero?" ridondante, una frase spezzata, sono segnali più concreti, è vero?
Mi piace anche scoprire cosa riesce a fare un personaggio in un racconto, al massimo in un romanzo breve, mi piace renderlo e perderlo nello spazio di pochi elementi. 
Non è mia la ricerca, a tratti spasmodica, di alcuni scrittori e lettori per i romanzi lunghi. Per i primi, sembra una sorta di consacrazione nel Pantheon della Letteratura, obbligo acclamato dal lettore. Non mi interessano i romanzi lunghi, per quanto ben scritti, con stile maturo e prezioso (come "Sorgo rosso", appena terminato). 
Si tratta di una nevrosi personale; è che trovarmi a lungo in compagnia degli stessi personaggi, beh, mi annoia.


N.B.: dai prossimi giorni parte "Lungo il Vento Tour", dedicato al mio nuovo romanzo, un polpettone di 290 pagine, in uscita tra due mesi (circa). Lo so, non vedete l'ora, è vero? E' ve.

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