Oltre
Giovanni Sicuranza
Dici "incidente" e pensi a stridio di freni, lamiere contorte, imprecazioni, assicurazioni e risarcimenti.
Poi succede di essere l'unica sopravvissuta a un disastro aereo e "incidente" è solo buio, improvviso, un'eternità prima della sospensione in un vuoto di terrore.
Da allora non vado più a trovare mia figlia in aereo; attendo il tempo delle ferie e prendo l'auto. Undici ore contro le tre di volo, ma, con una scheggia di fusoliera ancora nel lobo temporale destro, me lo posso permettere.
Me lo devo permettere.
Mia figlia no. La carrozzina è l'unico modo rimasto per spostarsi, purché sia spinta da qualcuno. Quando l'auto si è accartocciata alla fine della scarpata, i soccorritori hanno estratto prima le sue gambe e, dopo mezz'ora, il resto del corpo. Il parabrezza era sparso tra le rocce e nei suoi nervi ottici.
Fino a tre giorni fa, a mia figlia pensava Manuela, ma Manuela ha perso la moto sotto un treno, e la sua testa, insomma, credo abbiate capito.
Non avevo altre nipoti, mia figlia non è più in grado, anche perché ha perso il marito, investito da un autobus sulle strisce; strisce bianche sull'asfalto, strisce rosse al loro fianco, era la cantilena di mia figlia, mentre i farmaci la rimbambivano al posto del lutto.
Alla fine, eccomi qui, con la fusoliera sopravvissuta dell'aereo che si muove con me, che mi viaggia dentro.
Guido l'auto verso la casa di cura dove mia figlia è chiusa da anni, piove tra la foschia, e alla radio dicono che tra poco finirò in una coda di tre chilometri; dopo la pubblicità di una crema esfoliante per il viso, spiegano che la fila si è formata su un tamponamento a catena.
Un incidente, sussurro alla scheggia nella mia testa, un incidente, penso in nero, un incidente, ripetono le voci di mia nipote, di mia figlia, di mio genero, coro scuro del presente.
La tempia pulsa, l'aereo è dentro me.
Prima di penetrarmi, la lama si sarà impregnata delle urla degli altri passeggeri, altrimenti non continuerei a sentirle così forte, più del rock alla radio, del suo invito all'inferno.
Sopravvivere è offensivo, mia figlia lo sapeva. Lo ha detto ieri sera, al telefono. E' tempo di concedersi al buio completo, mi ha detto, è tempo di superare il dolore, mamma, di correre nel vuoto per impedirgli di mangiarci. Questo diceva, e, non piangere, mamma, mi diceva.
Le prime auto della coda, le vedo, ora, nitide oltre la foschia.
Sì, figlia mia, è tempo di accelerare.
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