Dlink
Giovanni Sicuranza
Trascina un’icona dal desktop al cestino.
“Dlink”.
Il suono è amplificato da due piccole casse unite al notebook dall’uscita per le cuffie.
Chiude gli occhi, sicuro del percorso del mouse.
“Dlink”.
Sorride.
Il suono.
Inspira e ripete il gesto con un’altra icona.
Il suono è come un tintinnio.
Un sospiro e continua.
È un tintinnio.
Fissa l’icona, la punta, clicca. Una volta. Quando l’ha presa, con lo sguardo calcola la distanza dal cestino.
Le casse hanno il led acceso. La luce è un’iride verde che attende, fissa.
Verde speranza, verde abbondanza.
Chiudere gli occhi, spingere un’icona nella spazzatura, non esitare.
“Dlink” è orgasmo.
“Dlink”, non importa di quale icona si tratta.
È sublime. È impagabile, come il suono di monete smosse in un forziere.
Un’illusione, certo, e chiudere gli occhi rende più vivido l’inganno sonoro, e aiuta a non pensare che il conto corrente è in rosso da oltre un mese, che prospettive di incrementarlo non esistono, non quando si è disoccupati nell’oblio dei cinquant’anni.
E allora
“dlink”, via il file del curriculum per le aziende,
“dlink”, via quello del curriculum per il Comune.
Il dito indice freme, adagiato tra il grigio del mouse.
Non esitare, clicca, non esitare.
E allora
“dlink”, dentro il cestino le foto delle vacanze con moglie e figli,
“dlink”, quelle del matrimonio,
“dlink”, la festa di compleanno con i colleghi.
Quando riapre gli occhi, il respiro irregolare e sudato, decide di alzare al massimo il volume delle casse, di aprire la finestra della sua stanza e
“dlink”, che tutti sentano la conta delle sue monete, delle centinaia di monete,
“dlink”, che la gente smetta di osservarlo lungo silenzi imbarazzati.
Quando ogni icona è sparita dal desktop, apre il cestino, le riposiziona, ricomincia.
Il fruscio metallico non ha soste, può andare avanti per ore, giorni, dare a quei poveracci là sotto l’idea di contare tanti di quei soldi, da sfamare la famiglia per mesi, da programmare vacanze in montagna e al mare, persino da ricominciare a pagare il mutuo.
Soprattutto, può crederci lui stesso.
Basta solo continuare.
Punta, clicca, cestino, con il volume al massimo,
Punta, clicca, cestino, con il volume al massimo,
“dlink”,
mostrarsi sul davanzale,
“dlink”,
poi socchiudere gli occhi, giusto per vedere la gente che inizia a rallentare, a fermarsi, fagotti neri ritagliati nella neve, smarriti da quel suono pieno di futuro.
“Dlink”, il suono che entra dentro, si dilata nel cielo e riempie la strada, trionfante di illusione.
“Buon anno”, urla, “Siate felici anche voi”, e il freddo gli stringe le mani, le mani ormai rosse.
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