Lasciate che vengano a me Giovanni Sicuranza Una sola parola, ripetuta in rapida successione. Piena. Assoluta. La sento arrivare fino al mio stomaco, riempirlo tanto che il diaframma si blocca. Quando ricomincio a respirare, la parola torna. Non riesco a trovare il tempo per capire, chino sul suolo scivoloso di feci. Nevicano escrementi dai pipistrelli sopra la mia testa. Ma non voglio protestare, rischierei di svegliarli tutti, centinaia, migliaia, di essere travolto dalle loro ali ubriache di cecità. Ed ora basta, silenzio, la parola torna, mi rotola dentro. Il diaframma si inarca di paura. Tace. *** - Lascia perdere, lo abbiamo perso. - Perché? - Perché è morto, direi. - Intendo, perché mai lo avrà fatto. - Lascia perdere, ho detto, vai a casa. Il tuo turno è finito. - Lo conoscevo. - Non credo. - Era un vicino di casa, gentile. - Anche quando attirava in casa i bambini. - Li ha mangiati. - Ma l’ultimo si è salvato; gli ha spaccato il cranio. Siamo medici, imparziali, ma come