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Preziosità



Preziosità
Giovanni Sicuranza

Lo esuma dalla sabbia. Piano.
E' il rantolo della loro memoria. 
Un dente d'oro, oro senza polpa, perché ogni residuo organico è stato gettato nel mare. 
Poi si alza da terra, piano, verticalità incerta sull'orizzonte d'acqua. 
E' il Mare Grasso, lo chiamano. 
Lo sanno tutti, anche oltre i confini del Paese. 
Sanno anche che bisogna tacere, per gli equilibri delicati di questa terra, perché il nuovo potere offre risorse primarie al mondo, scippandole ai nemici della Patria. Non è furto, è riappropriarsi delle ricchezze fagocitate da egoisti sub-umani. 
Risorse primarie, ripete lui, le sopracciglia come zampe di ragno, nere e folte, che si uniscono nel corrugare della fronte.
Con lo stivale colpisce un frammento di cranio, un calcio esperto, rodato in mesi di morte, la parabola dell'osso che tenta di innalzarsi al cielo, ma crolla nell'acqua in uno "spalsh" vischioso. 
Lo chiamano Mare Grasso, perché è saturo dei cadaveri dei nemici. 
Continuano ad arrivare, a decine, a volte centinaia, ogni notte, appena velati dalle dune lunari sulle onde. Meglio così, meglio non vederli in faccia, mentre i mitra li spezzano in pochi secondi. 
Poi, poco prima dell'alba, a giustizia compiuta, arriva anche lui.  
Si piega sulla sabbia, piano, sempre piano, sempre silenzioso. 
Deve essere cauto, o potrebbero vederlo i compagni di scuola, accusarlo di rubare la parte dei giustiziati, che il Governo lascia ai bambini tra la sabbia. 
Da qualche parte, lo sa, ci sono sempre denti preziosi. 


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