Niente di nuovo
Giovanni Sicuranza
- Hai ucciso il nostro matrimonio.
Mio marito si ferma tutto il giorno, ma, ogni volta, mi porta solo queste parole all'aroma di putrescina, non diverso dall'alitosi con cui ha ammorbato la nostra vita.
Del resto, le novità non sono il benvenuto nelle carceri mentali di mio marito.
Mamma me lo aveva detto. Aveva pianto, non di commozione, ma perché, sotto l'abito da sposa, già mi vedeva in catene. Così è stato, santa mamma.
Minestra costante, puntale alle 20.10, al ritorno dal lavoro. Se troppo scotta, un calcio nello stomaco per la moglie-serva, se troppo al dente, una mitragliata di pugni ai lombi, proprio dove si celano i reni, nemmeno ad avere la vista a raggi X. Comunque, rene di destra o di sinistra, era lo stesso; la punizione per non essere stata una brava cuoca aveva la par condicio. Destra o sinistra che fosse, dopo pisciavo sangue.
Nel nostro matrimonio tutto era metodico.
Ecco perché non mi stupisco che il suo cadavere venga a trovarmi nella mia stanza 139/2, il mio loculo nel manicomio criminale, puntuale ogni 2 novembre.
La banalità dello zombie.
- Hai ucciso il nostro matrimonio - rantola dalle ferite putrefatte alla gola, al petto, persino dagli occhi esplosi nella furia del mio coltello da casalinga.
Non è vero, gli sussurro, non ho ucciso proprio nulla, vedi, il nostro matrimonio prosegue nella monotonia, ad ogni ricorrenza dei morti.
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