Biancamorte
Giovanni Sicuranza
Ho perso prima il destro e, 'fanculo, mi sono detto, ce la faccio lo stesso.
Al secondo attacco, è partito il sinistro e, merda, ho ansimato, è come quando sono esplose le pareti della diga e tutta l'acqua ha ucciso il mio paese. Così mi sono fermato, mica subito, però, questione di cinetica. Le ginocchia si sono aperte nell'attrito con l'asfalto. Insomma, quando si dice "correre come una lepre" non si pensa alle brusche cadute.
Adesso hanno polverizzato il mio braccio, quello destro, e poi l'altro e non dire alla sinistra cosa fa la destra, ma qui le spalle lo sanno.
Le mie spalle urlano una all'altra. Sanguinano dolore.
Le mie spalle vomitano sangue.
Solo che non si scrive così, pensano i lettori da best-seller, mentre leggono la mia mutilazione, non si usa l'intercalare anagrammatico del pensiero, arricciano labbra e sinapsi i puristi della narrativa.
E continuano a strappare pagine, anche se ormai io sono palude emorragica.
Strappano pagine e crolla la diga con la descrizione delle pareti.
E continuano e mi lacerano le braccia nell'assenza di testimoni. Non ho lettori empatici, io.
Cioè, li desidero, questi lettori, almeno uno, prima di svanire nella morte famelica, sempre più stretta, come il cerchio nero che si chiude sulla fine di un cartoon.
Prima di annichilirmi nelle prossime pagine.
Bianche.
Ispirato al romanzo "Polvere di Silenzi" (2012)
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