In realtà mi sono rotto di ridondanze su cadaveri orripilanti-aggressivi-famelici.
Forse, se i morti dovessero tornare, sarebbero più desiderosi di nuova umanità, di rinnovato compatimento, rispetto ai "vivi".
E forse, considerandoli "diversi", risponderemmo con eliminazioni di massa.
La porta
Giovanni Sicuranza
Tre giorni fa ho accompagnato Lucio Ombra.
Era seduto al mio fianco, dall'altra parte del confine di una scrivania.
La Commissione invalidi lo bloccava in un unico sguardo perplesso.
Le spalle di Ombra trasmettevano singhiozzi nervosi nell'aria umida.
I suoi occhi erano aperti. Sul mio silenzio.
- Perché è qui?
- Chiede l'invalidità con indennità di accompagnamento.
- Ma, collega, non essere ridicolo, dai.
- E'
- morto.
Lucio Ombra era deceduto il 31 maggio 2002.
L'accertamento di morte era stato effettuato da un dottore neolaureato, nella Casa di Riposo "Il Limbo". Il referto, compilato con grafia in stampatello, aveva la mia firma.
Dieci anni dopo, Lucio Ombra, stanco di terra nera e instabile, aveva scavato e un'ora dopo si era presentato ai medici della Commissione.
- Collega, i morti non hanno diritto.
- Ma lui non è più morto.
- Lo neghiamo, non risulta nemmeno un registro dei risorti.
- Dobbiamo respingere
- la domanda
- Respingere.
Lucio Ombra si alzò. Rapido, chiuse le dita della mano, la sinistra. Catturò quel verbo.
Poi si avvicinò all'uscita, alla porta scalfita dal tempo, scrostata in lacrime di legno.
Distese il pugno.
- Respingere - disse.
Non si voltò verso noi.
- Questa porta l'ho costruita, io, nella primavera del 1987. Funziona ancora.
Mai più vedemmo i suoi occhi celesti.
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