Goldrake è morto
Giovanni Sicuranza
Quando decido di andare in biblioteca, sono già in grado di raggiungere l'ascensore con le mie gambe.
Un mese fa ero morto, oggi torno al mondo, padrone dei miei passi.
Le porte dell'ascensore si aprono in un singhiozzo metallico. Entra, mi dice l'immagine riflessa di un uomo pallido, magro.
Schiaccio "10" e l'ascensore mi avvolge in un fruscio di lamiere.
"1", "2"
Al terzo numero sul display avverto un lieve stupore. L'ospedale è una cittadina, e la mia salita inizia in un orario in cui brulica di movimenti. Visite, cambio turni. Mi aspetto chiamate a a ogni piano.
Nulla.
"4"
Il display è rosso come i tramonti di Vega.
Una volta ero ragazzo e adoravo Goldrake.
Non ho perso una puntata, quindi conosco bene le sfumature del colore di Vega, quando l'attacco è imminente.
"5"
La salita continua, silenziosa, priva di pause. Mi sto elevando al decimo piano.
D'altra parte ho vissuto circa sei mesi di coma al piano terra, nei boschi della Rianimazione, e poi un mese al primo piano, in Riabilitazione.
L'altitudine dell'Ospedale è la prima scoperta della mia nuova autonomia.
Al numero nove, l'ascensore ha come un ripensamento. Rallenta, sussulta.
Forse entra qualcuno, dico alla mia immagine.
Lo specchio occupa tutta la parete addossata al lato chiuso delle mura. È come un occhio sul lato oscuro dell'ospedale.
Un occhio che cela, illudendo di mostrare.
Sono l'illusione dell'uomo che conoscevo. Così fragile e spento. Eppure, io sono.
Le porte si aprono, ma non c'è vita sul pianerottolo, non suoni.
Deglutisco, poi guardo il display.
Sono al decimo piano, il nono era solo rallentamento della corsa.
Tlink
e la luce passa dall'attacco di Vega a un verde fosforescente, come i neon che hanno accompagnato la mia agonia.
Sono entrato in ospedale dopo essere precipitato dall'albero di Gloria.
Avevamo due cose in comune, Gloria ed io. Una relazione importante alle spalle, che ci ha segnato, ma non al punto da ucciderci. E la passione per la serie Goldrake, che ha quasi ucciso me.
Non sembra un tramonto rosso come quelli di Vega?, mi aveva detto lei e le sue parole sembravano provenire da un luogo caldo della mia infanzia. Della nostra infanzia.
Salgo sull'albero e te ne porto un po', le ho risposto.
Lei ha stretto la mia mano, io l'ho scossa, ho sorriso al suo volto perplesso e dopo due minuti ero precipitato da sei metri, tra le aiuole di gerani. Anche i gerani sono diventati rossi, a contatto con le ferite del mio corpo.
Ed ora eccomi in ospedale, lungo corridoio del decimo piano.
Un cartello è appeso al mio fianco ed è bianco, quadrato. Qualcuno ha scritto "Biblioteca" con un pennarello rosso. Tutto qui. Il resto è il vuoto.
Prima di incamminarmi verso il portone in fondo al budello del corridoio, mi volto. L'ascensore è una fotografia. Immobile, silenziosa.
Le porte sono rimaste aperte.
Perché nessuno lo chiama?
Nemmeno Gloria mi ha chiamato. Dal giorno dell'incidente non l'ho più vista.
Non nella mia versione cosciente, almeno. E so che non la vedrò più.
Conosco i particolari di quella caduta, anche se la memoria è perduta, perché lei li ha scritti in una lettera. Una lettera, sì, come si usava una volta, e così ho scoperto che la sua calligrafia è sottile, elegante, inclinata a sinistra. L'inchiostro nero ha fissato sulla carta la mia decisone, le nostre parole. E il suo sbigottimento. Il suo addio.
"Goldrake è morto", conclude, in un modo che non mi è mai stato chiaro.
Almeno fino ad oggi.
Mentre mi incammino sull'ultimo piano dell'ospedale, poco prima del vuoto celeste, comprendo tutto il niente che ha accompagnato la mia Riabilitazione.
È come questa irrealtà verso la Biblioteca, dove si trovano i vecchi numeri dei quotidiani.
C'erano i medici, c'erano le infermiere, quando il coma è finito.
E poi c'era Actarus. E la mia carrozzina era una navicella spaziale.
Sono rinato, ma in un sogno.
E questo angolo di ricordo in cui mi muovo è forse l'ultimo spiraglio della coscienza.
Il portone ha vetri scuri. Dietro c'è la Biblioteca.
Cercherò la cronaca locale e so che troverò il racconto dell'incidente.
Goldrake è morto, confermeranno i necrologi dell'epoca.
Giovanni Sicuranza
Quando decido di andare in biblioteca, sono già in grado di raggiungere l'ascensore con le mie gambe.
Un mese fa ero morto, oggi torno al mondo, padrone dei miei passi.
Le porte dell'ascensore si aprono in un singhiozzo metallico. Entra, mi dice l'immagine riflessa di un uomo pallido, magro.
Schiaccio "10" e l'ascensore mi avvolge in un fruscio di lamiere.
"1", "2"
Al terzo numero sul display avverto un lieve stupore. L'ospedale è una cittadina, e la mia salita inizia in un orario in cui brulica di movimenti. Visite, cambio turni. Mi aspetto chiamate a a ogni piano.
Nulla.
"4"
Il display è rosso come i tramonti di Vega.
Una volta ero ragazzo e adoravo Goldrake.
Non ho perso una puntata, quindi conosco bene le sfumature del colore di Vega, quando l'attacco è imminente.
"5"
La salita continua, silenziosa, priva di pause. Mi sto elevando al decimo piano.
D'altra parte ho vissuto circa sei mesi di coma al piano terra, nei boschi della Rianimazione, e poi un mese al primo piano, in Riabilitazione.
L'altitudine dell'Ospedale è la prima scoperta della mia nuova autonomia.
Al numero nove, l'ascensore ha come un ripensamento. Rallenta, sussulta.
Forse entra qualcuno, dico alla mia immagine.
Lo specchio occupa tutta la parete addossata al lato chiuso delle mura. È come un occhio sul lato oscuro dell'ospedale.
Un occhio che cela, illudendo di mostrare.
Sono l'illusione dell'uomo che conoscevo. Così fragile e spento. Eppure, io sono.
Le porte si aprono, ma non c'è vita sul pianerottolo, non suoni.
Deglutisco, poi guardo il display.
Sono al decimo piano, il nono era solo rallentamento della corsa.
Tlink
e la luce passa dall'attacco di Vega a un verde fosforescente, come i neon che hanno accompagnato la mia agonia.
Sono entrato in ospedale dopo essere precipitato dall'albero di Gloria.
Avevamo due cose in comune, Gloria ed io. Una relazione importante alle spalle, che ci ha segnato, ma non al punto da ucciderci. E la passione per la serie Goldrake, che ha quasi ucciso me.
Non sembra un tramonto rosso come quelli di Vega?, mi aveva detto lei e le sue parole sembravano provenire da un luogo caldo della mia infanzia. Della nostra infanzia.
Salgo sull'albero e te ne porto un po', le ho risposto.
Lei ha stretto la mia mano, io l'ho scossa, ho sorriso al suo volto perplesso e dopo due minuti ero precipitato da sei metri, tra le aiuole di gerani. Anche i gerani sono diventati rossi, a contatto con le ferite del mio corpo.
Ed ora eccomi in ospedale, lungo corridoio del decimo piano.
Un cartello è appeso al mio fianco ed è bianco, quadrato. Qualcuno ha scritto "Biblioteca" con un pennarello rosso. Tutto qui. Il resto è il vuoto.
Prima di incamminarmi verso il portone in fondo al budello del corridoio, mi volto. L'ascensore è una fotografia. Immobile, silenziosa.
Le porte sono rimaste aperte.
Perché nessuno lo chiama?
Nemmeno Gloria mi ha chiamato. Dal giorno dell'incidente non l'ho più vista.
Non nella mia versione cosciente, almeno. E so che non la vedrò più.
Conosco i particolari di quella caduta, anche se la memoria è perduta, perché lei li ha scritti in una lettera. Una lettera, sì, come si usava una volta, e così ho scoperto che la sua calligrafia è sottile, elegante, inclinata a sinistra. L'inchiostro nero ha fissato sulla carta la mia decisone, le nostre parole. E il suo sbigottimento. Il suo addio.
"Goldrake è morto", conclude, in un modo che non mi è mai stato chiaro.
Almeno fino ad oggi.
Mentre mi incammino sull'ultimo piano dell'ospedale, poco prima del vuoto celeste, comprendo tutto il niente che ha accompagnato la mia Riabilitazione.
È come questa irrealtà verso la Biblioteca, dove si trovano i vecchi numeri dei quotidiani.
C'erano i medici, c'erano le infermiere, quando il coma è finito.
E poi c'era Actarus. E la mia carrozzina era una navicella spaziale.
Sono rinato, ma in un sogno.
E questo angolo di ricordo in cui mi muovo è forse l'ultimo spiraglio della coscienza.
Il portone ha vetri scuri. Dietro c'è la Biblioteca.
Cercherò la cronaca locale e so che troverò il racconto dell'incidente.
Goldrake è morto, confermeranno i necrologi dell'epoca.
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