La santella - Nostra Signora della Fossa - introduzione seconda
Giovanni Sicuranza
Nasco e muoio in Anno Domini 1631, sul ciglio del Lago Nero.
Sono sopravvissuta per nove mesi. Diciassette, contando quelli trascorsi nella simbiosi con mia madre.
Il mio primo pianto non si sente, sovrastato da quello dei lutti, in un paese annichilito dal morbo nero.
I cadaveri vengono nascosti nel lago.
Non c'è tempo per singole sepolture. Non c'è la forza di guardare i morsi di una morte nuova, devastatrice di corpi e speranze.
Quando i miei bubboni esplodono sangue e pus, il cervello è in rapida espansione.
Il mio corpo infante è accatastato su quelli di mia madre, di mio padre. Sui resti dei miei fratelli.
Nessuno capisce che la mia vita encefalica continua.
Nasco e muoio nel 1631, la mia tomba è il Lago Nero.
Ma vivo ancora nella santella costruita sulla sponda, accanto al sentiero che da Lavrange porta sulla montagna.
La santella è in memoria dell'epidemia di peste, è roccia fredda costruita dai superstiti per ingraziarsi divinità e spiriti dei morti.
Solo che io sono sempre incazzata.
Ho l'energia mentale di un'adolescente, prigioniera nella santella.
Ho una voglie secolari di scatenarmi.
A stento attendo.
Ci sarà un viandante.
Arriverà e si fermerà di fronte alla santella per un segno della croce.
A pensarci mi prudono le sinapsi.
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