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Fiat

Fiat - seconda parte
Giovanni Sicuranza

A eretici decimati, la tortura su larga scala ha ancora fame e cerca nuovo cibo.
Nel 1484 Innocenzo VIII emana la bolla papale "Summis desideranctes affetibus", dichiarazione di guerra alla stregoneria. L'allarme ha il fulcro in Germania, dove, segnala la bolla, molte persone hanno rinnegato la fede,  stretto patti infami col demonio, arrecato gravi mali ai fedeli. Tuttavia, in Germania nascono focose avversioni da parte dell'autorità e di vasti strati popolari; il vescovo di Salisburgo invita categoricamente gli inquisitori a togliersi a ritirarsi in convento.
E' chiaro che la bolla papale appare insufficiente per legittimare la lotta di fondo contro la stregoneria.
Ecco che nel 1490 compare il "Malleus Malleficarum". Opera grezza come forma  e contenuto, incomprensibile per quanto riguarda le prove di colpevolezza. Risulta invece originale nella solennità con cui le favole più assurde venivano citate come documento storico.
La paura delle arti malefiche delle streghe, che per due secoli avrebbe fatto tremare la civiltà occidentale fu provocata, secondo alcuni studiosi, in gran parte dal "Malleus maleficarum". Un codice persecutorio contro le streghe, accolto da ecclesiastici, tribunali civili, filosofi, medici e teologi.
Il “Malleus malleficarum”, teoria calata nella realtà, contro ogni riscontro nel quotidiano.
Una schizofrenia collettiva. Legalizzata. Ma ben presto la pratica delle pene fornì facile materiale per confermare la favole.
Per iniziare la carneficina delle streghe.
Nel corso degli anni si creò una sistematica della stregoneria e tutto fa presumere che questa sia stata prefabbricata dagli stessi inquisitori, man mano che i casi esaminati offrivano spunti interessanti. È poco credibile, infatti, che l'ignoranza della quale viveva la popolazione potesse generare teoretiche così compiute da sfociare nei noti simbolismi della fede demoniaca.
Si giunge così alla formulazione di una teoria demoniaca, ben congegnata per quei tempi. La stregoneria diventa la diabolica parodia del cristianesimo, con “parallelismi-contrari”: Demonio-Dio; Cristo sposo spirituale – Demonio sposo della strega, e così via. La stregoneria va pertanto considerata, secondo i teologi, come una vera e propria eresia.
Come per gli eretici, la confessione è considerata anche per le streghe la “regina delle prove”. Una volta pronunciata, non può più essere revocata e porta ad atrocità su atrocità.
Se un uomo muore alcolizzato, la colpa è della strega. Se un bambino mangia frutta marcia e sta male, la colpa è della vicina, strega. Se una donna cade in stato catalettico dopo aver mangiato una mela, la colpa è ancora della strega. Quest’ultima credenza è stata ripresa con suggestione gotica da una certa fiaba.
Anche la risoluzione di una malattia può rappresentare la disgrazia della guaritrice, accusata di avere praticato stregoneria per ammaliare il malato o l’intero contado.
Sospetta è la donna che frequenta poco la chiesa, ma anche chi lo fa troppo; in questo caso, lo scopo è allontanarsi dagli indiziati. All’arresto, la paura è suggestiva di cattiva coscienza, l’indifferenza di possessione demoniaca.
A proposito di contado, in tutta Europa le streghe hanno un luogo di convegno. Quelle italiane si trovano al Parco di Ferrara, ma soprattutto a Benevento. Le streghe beneventane sono conosciute per le nozze con il demonio celebrate sotto un noce nei pressi dell'abitato. Al sabba si recano a cavallo di caproni, cani, porci, bastoni o scope. È buona norma arrivare trasformate, preferibilmente in gatto.
Tra gatti e caproni, la stregoneria è considerata un crimine che cade sia sotto il tribunale ecclesiastico, sia sotto quello secolare. Sotto l'ecclesiastico perché è delitto contro la fede, sotto il civile perché il delitto è a danno delle persone e dei loro averi. La caccia ai maghi e alle streghe e condotta da una commissione speciale con l'incarico di procedere di volta in volta alla raccolta di indizi e al deferimento degli indiziati ai tribunali. I componenti di questa commissione percepiscono grossi onorari, per il cui finanziamento si attinge direttamente agli averi delle streghe imprigionate. I cacciatori di streghe cercano di trovarne più che possibile, ovunque.
Durante le torture reiterate, come lo strappo della corda, lo stivaletto frantuma piedi, il ferro rovente, l’acqua versata a litri in gola, le unghie strappate, le streghe sono confinate in minute torri, in tetri sotterranei, in tenebrose cantine.
Infine, condannate a morte, tramite decapitazione, o strangolamento, ma, più spesso, alla consunzione nel fuoco.
Migliaia, in Europa, le streghe condotte al rogo, dopo aver subito la “otturazione della bocca”, ovvero la legatura della lingua tra i denti. In questo modo, il pubblico non ode che i gemiti della legna bruciante, le litanie del sacerdote officiante e il coro delle voci bianche, che, con letizia, accompagnano la strega nel viaggio per l’aldilà.
Uno spettacolo solenne.
Che poteva avere anche repliche.

Benevento, anno domini 1513.
Le porte del municipio sussurrano angoscia. L'inquisitore Leonardo Manigoldi, appena giunto in città, affigge un avviso che invita a segnalare entro dodici giorni ogni persona sospettata di stregoneria, o circondata da cattiva fama. “Il nome del denunziante verrà taciuto qualora lo si desideri e ad esso toccherà una speziale benedizione et un premio in moneta”.
Quindi, l’inquisitore scivola nella chiesa. Il particolare di Manigoldi è una tonaca nera di silenzi.
Trentadue ore dopo, le porte del municipio si aprono sul buio. Dominica, detta “Menegota”, Maddalena, vedova del notaio Camillo Andrei, Maria, detta “la Mercuria”, sono accusate di magia nera e, dopo tortura con strappate di corda, dopo aver ingoiato in pochi minuti quindici litri d’acqua a testa, confessano di avere dissepolto un bambino morto per farne unguento del demonio. Hanno le articolazioni slogate, la mente disarticolata. Confessano e confermano.
La condanna al rogo è pronunciata a sei ore dall’arresto. La città festeggia la liberazione dal male. Ma i parenti di Maddalena tanto si agitano, tanto pagano, da ottenere l’ispezione della tomba del bimbino. La sorpresa è corale, il cadavere è al suo posto, non ci sono segni di esumazione.
Leonardo Manigoldi è costretto a rifare il processo.
Il viso celato dall’oscurità del cappuccio, come in un’eclisse di semiluna, si ritira in chiesa, ripercorre gli atti, e, due ore dopo, la sua voce riempie il municipio: “Abbiamo ritrovato il bimbo morto, perché il diavolo è intervenuto a difesa delle streghe. Ma rimane la confessione, assai più valida della realtà. Dinanzi al cadavere del bimbo, i sensi ci hanno tratto in inganno. Il diavolo è un imbroglione, sa il fatto suo. Confermo la condanna al rogo”.
I cadaveri carbonizzati delle donne sono riportati in piazza. Il rogo è rinnovato.
Le voci bianche si innalzano a squarciare il nero del fumo. 






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