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Spettabile Commissione


Spettabile Commissione - Giovanni Sicuranza

Mi chiedete perché ho deciso di fare domanda. 
Eh, beh, non per il vostro sguardo. 
Scusate se mi permetto, ma voglio essere sincero. 
Tanto, prima o poi verreste a saperlo. Dovete fare un'indagine sulla mia vita, su ogni persona a cui sono legato, vero? 
Beh, ne conosco un paio che sarebbero liete di raccontarvi l'episodio, eh, eh.
Ehm, scusate, ma pensare a mia cugina Ofelia e a mia madre, mi spinge a vette di sarcasmo. Loro non credono che io sia capace, che io sia mai stato un capace. 
No, no, tranquilli, sapete che non sono invalido, altrimenti non sarei qui, davanti alla Spettabile Commissione per gli Accertamenti della Disabilità. Forse Ofelia e mia madre, nella testa, eh, eh. 
Sì, chiedo di nuovo scusa, sono un po' nervoso. Del resto, per noi giovani medici entrare nella Spettabile Commissione mica è roba da niente. 
Allora, ecco, dicevo che ho fatto domanda, anzi, no, ho deciso di diventare medico, quando ho visto il Professore Speranza. 
Sì, sì, immaginavo che avreste spalancato gli occhi in un coro di sorpresa, ma è proprio così. 
Avevo sedici anni, ricordo, ero seduto sul tappeto colore rame dei miei genitori, ricordo. Il canale, invece, no che non lo ricordo. Uno dei primi in tridimensionale, avete presente, no? 
Me ne stavo lì, ciondolante sulle notizie del VeroGiornale, quando apparve lui. 
Insomma, anche i primi canali in tre di mica erano male, no? Cioè, avevo gli adattatori binoculari, cavolo, quei ridicoli pruriti per lobi, ma l'effetto era solo un po' meno profondo di adesso, credo. 
Sì, la faccio breve, tanto conosciamo le vicende del Professore Speranza, il medico legale reietto. 
Cos'è stato, lo stesso giorno del suo arresto, sì, ecco, la sera, no? L'Ordine dei Medici del Nuovo Corso bruciò il suo tesserino di iscrizione in piazza. In rogo-visione.
Speranza, però, ispirò la mia carriera, per cui, ecco, vedete che non vi nascondo niente, devo in parte a lui se sono qui. 
Aveva difeso i disabili, portando i loro casi anche in giudizio. Bestemmiava contro l'Ente Supremo, osava metterne in discussione le valutazioni. Sì, voleva mostrare che molti invalidi erano giudicati in modo restrittivo. Certo, sono fatti noti, figuriamoci a voi, stimati Colleghi della Spettabile Commissione, però ripeterli mi serve per farvi capire. 
Speranza vinceva anche le Cause, non tutte, vero, ma anche quelle che perdeva, con le sue Osservazioni critiche per gli Appelli, erano un fastidio. 
Il programma di risparmio sulla spesa era già in vigore da anni, forse due, credo. 
Comunque, il punto è questo. Cioè, non lo arrestarono solo perché si ostinava a tutelare i disabili. Beh, un istante, permettete, so anch'io che l'accusa fu di "istigazione al deficit pubblico", conosco a memoria il comma 3, articolo 3 della Legge 2 del 2012, se no, credo, mica sarei qui. 
Però, ecco, mia madre, la pettegola, sì, eh eh. Dicevo, lei lavorava in amministrazione, proprio dove Speranza aveva l'ambulatorio. Insomma, in quei Patro-cosa, che furono smantellati tra il 2012 e il 2014. 
Mi raccontava di gente esasperata dalla crisi, che c'era chi pretendeva dallo Stato, esigeva soldi su diritti, che ci fossero o meno. E se Speranza rifiutava il caso, o se il caso andava male, beh, a un certo punto iniziarono le segnalazioni. Le denunce anonime. La gente era esasperata e aveva bisogno di un capro espiatorio. 
Non succede così, sempre? 
Se vi interessa il mio parere, più che la Legge, furono i suoi stessi assistiti a fiaccare il morale di Speranza. 
Per fortuna che continuò, no, aspettate, intendevo, perorò tante di quelle cause, che alla fine Magistratura Rigorosa riuscì ad arrestarlo. 
Sì, Spettabile Commissione, arrivo al punto. Era solo per farvi capire come quell'uomo mi spinse alla nobile professione medica, nonostante le nefandezze che aveva compiuto. 
Vi dicevo che me ne stavo lì, tranquillo, sul pavimento dei miei, cioè, sul tappeto, e, ah, sì, comparvero le immagini del suo arresto. 
La tridimensione del volto di Speranza si avvicinò al mio. Ci guardammo negli occhi, davvero. 
Vidi un uomo perso, sconfitto. Un uomo che si era arreso alla Legge. Le rughe che cadevano ovunque, dalla fronte, dalle orbite, fino al mento. Vedevo tutto. Erano i segni di un uomo morto.
In effetti, nessuno invalido finito nei ghetti ha mai fatto il suo nome, vero? Nemmeno negli anni della rivolta. 
Secondo me, era defunto nei ricordi già prima di essere arrestato. E lo sapeva. 
Quel giorno vidi la tridimensione di un perdente, il nemico afflosciato della spesa pubblica. 
Per cui, eccomi qui, a ringraziarvi di avermi selezionato, Spettabile Commissione.
Sono pronto a servire lo Stato, a individuare ogni disabile, ogni peso della società. 
E annullarlo nei ghetti.

Speranza non ha solo assonanza con Sicuranza. Affermazione che potrebbe sembrare una filastrocca e in realtà va oltre. La mia esperienza pressoché quotidiana nella Medicina Assistenziale mi porta a criticare fortemente l'informazione a senso unico dei media sul fenomeno dei falsi invalidi. Informazione iniziata quasi contemporaneamente con la ristrettezza valutativa dei disabili, con conseguente aumento dei ricorsi giudiziari, in buona parte ad esito positivo. Almeno fino ad oggi. Per alcuni "falsi invalidi", certamente da accertare, e non unici responsabili della truffa, ci sono invalidi e famiglie privi di congrua tutela. Che, però, non interessano. A chi sostiene, in modo apodittico, la "severità" valutativa, in quanto i benefici economici vanno dosati, di sicuro non "regalati", rispondo che concordo in pieno. Rispondo anche che "severità" deve sempre andare di pari passo con tutela della "dignità" e della "salute", se si capisce ancora cosa significano. Al di là della facile osservazione "si vanno a colpire ancora una volta deboli categorie", faccio notare, soprattutto, come sia cieca la prospettiva del "risparmio a oltranza" in questo ambito. Il buon senso suggerisce che quando le famiglie devono farsi carico del disabile, prive di sostegno statale, l'economia familiare è affondata ulteriormente. Non a caso i benefici dell'indennità di accompagnamento, per disabili non autosufficienti, sono (erano?) rivolti a sostegno delle famiglie. Questa "ratio legis" è ben precisata nella decisione resa dalla Suprema Corte dei Conti, nella Sentenza n. 7119/2003: "Questa Corte ha individuato la ratio delle norme che prevedono l’indennità di accompagnamento anche nella esigenza di incentivare l’assistenza domiciliare dell’invalido, evitandone il ricovero in ospedale e, nel contempo, sollevando lo Stato da un onere ben più gravoso di quello derivante dalla corresponsione dell’indennità (Cass., S.U., 30 ottobre 1992 n. 11843); con la sentenza 11295 del 28 agosto 2000 si è ribadito che l’intervento assistenziale che si realizza con la concessione dell’indennità di accompagnamento è rivolto principalmente a sostenere il nucleo familiare onde incoraggiarlo a farsi carico dei suddetti soggetti, evitando così il ricovero in istituti di cura e assistenza, con conseguente diminuzione della relativa spesa sociale".

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