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Lucienne


Lucienne
pensieri ultimi di Giovanni Sicuranza

38.3. 
Il termometro lo conferma, ma il suggerimento è nella prostrazione, nelle articolazioni che si gonfiano e si dilatano in un sordo dolore.
38.3 e paracetamolo. 
Il mio fine settimana in ebollizione. 
La voglia di assopirmi e quella di leggere. La frenesia di suonare e quella di scrivere. 
38.4 e una camomilla. 
Le mie ore attraverso il fumo dalla tazza.
La ricerca di non essere qui, ma altrove; la voglia di entrare in questa pagina a cercarmi. 
38.7 e una fitta al petto. 
I miei minuti non sono più narrativa, ma aghi. 
Non trovo versi, non racconti, nemmeno una nota. 
38.8 e un incendio di tosse secca, dal profondo delle grotte polmonari. 
I miei personaggi si disperdono. Li vedo entrare nel Vascello del Lucienne. Il vecchio, la bambina, il giornalista, l'assassino. I morti, i feriti. 
Non li controllo, questa sera. 
Affollano il Lucienne. 
Vi prego, avvisateli. Senza loro non ho ragioni, annichilisco di emozioni. 
Io sono il loro vestito. Loro la mia invenzione che diventa reale. 
E stanno salendo tutti sul Lucienne. 
Non permettetelo. 
38.9 e un roco sospiro. 
Il Lucienne è stato l'ultimo vascello ad essere costruito con tre stive. Una aveva le funzioni di cimitero. Era l'ospedale natante dei malati terminali. Tubercolotici, tisici, diabetici. 
Così facile, poi, interrare i corpi. O, se mancava lo spazio, dargli oblio nel freddo dell'oceano.  
Perché entrano tutti al Lucienne? I protagonisti dei miei romanzi, quelli dei racconti, le comparse, i suggeritori di versi e note. 
39.3 e la testa che gira. 
Non riesco a scrivere ancora, scusate. 
Fate qualcosa per loro. Spiegate che il Lucienne è una sala d'attesa senza ritorno. Ricordate loro che il Vascello è stato affondato nel 1835. 
Se vi risponderanno che il ricordo rimane, se lo faranno tutti insieme, se nessuno vi sembrerà indeciso, allora, vi prego, avvicinatevi. 
Aggiratevi tra le lapidi. 
Cercate il mio nome.



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