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Sono un personaggio


Sono un personaggio
di Giovanni Sicuranza

Suoni brevi, urlati attraverso il televisore insieme al nome di una marca di detersivi che esplode nella stanza.
Ma questo punto il programma è diventato indifferenza.
Mi arrampico sulla spalliera del letto, fino a quando la testa non è spinta dalla invisibile gravità a ciondolare verso il petto macchiato di peli grigi e sugo giallo. Quando affondo i piedi nudi sulla moquette di polvere, urto il piatto che accoglie i resti degli spaghetti alla carbonara e, forse, altro sugo giallo dipinge il mio corpo. Ma, insomma, chi se ne frega, raggiungo il bagno e scoreggio con una forza più persuasiva della pubblicità.
L’importante è essermi visto di nuovo. Hanno parlato ancora di me, questa volta nello speciale “Viaggi di tragedia”, che, d’accordo, è trasmesso in seconda serata, ma volete mettere l’indice di ascolto. Sono finito in televisione, da un paio di settimane ormai, questo conta.
Ora sono immagine, ho consistenza. Addirittura riesco a scorgermi attraverso il velo di nebbia unta che filtra il riflesso dello specchio sopra il lavandino.
Insomma, mi sento vivo.
Apro la tazza del cesso e mi siedo, sereno.
Mi ero dimenticato di quanto fosse piacevole avere il controllo delle proprie solidità.
Ma ora sono vero, concreto, ora sono un protagonista televisivo, sono immagine e suono. È per questo che mi piace tanto scoreggiare; che i vicini mi sentano mi importa come del buco dell’ozono. Sentite un po’ che rumore fa’ ora il mio, di buco.
Insomma, uno che è diventato famoso in televisione si sente un grande anche quando se ne sta seduto sulla tazza del cesso. Ma prima non era così.
Prima c’era un senso di vuoto che trascinava le mie giornate. Un trasparente, ecco cos’ero. Chiuso in questa casa, senza amici, amori e soldi. Senza identità.
Giornate fotocopia trascorse nella carità mista a disprezzo di qualche vicino, in attesa della prossima visita degli operatori sociali che mi avrebbero portato via l’unica persona ancora in grado di vedermi. Un figlio. Piccolo, abbandonato dalla madre dopo che il lavoro aveva abbandonato me.
E pensare che ero stato un conduttore televisivo di amori e tradimenti vari, in una rete non troppo famosa, certo, però, insomma, lo dicevo anche alla mia compagna, si comincia sempre dal basso, non è una novità, giusto? Solo che io avevo iniziato da troppo in basso, perché l’emittente aveva dichiarato fallimento dopo sole sette puntate del mio show. Ed io non mi ero accorto di nulla! Mi accorsi invece di quanto fosse diventato anonima la mia vita all’improvviso, senza riflettori, interviste. E senza compagna.
Solo con un figlio piccolo che mi chiedeva chissà cosa, senza capire che ero diventato un nulla privo di riflesso.
Poi in una notte iniziata con i soliti gesti meccanici della pappa al piccolo, accesi la televisione. Un gesto semplice, direte voi. Col cavolo, vi rispondo io! Era il segno della rinascita, il coraggio disperato di una soluzione urgente prima di svanire senza nemmeno i titoli di coda.
Il fatto è che il piccolo smise di ingurgitare la pappa preparata dalla nonnina del piano di sopra e, dall’alto del seggiolone, si nutrì avidamente delle immagini che ondeggiavano nello schermo. Infine mi guardò con occhi vivi e nel suo ghe-ghe allegro mi suggerì la risposta che cercavo.
Esitai un istante, un solo istante riempito dalla notorietà della donna intervistata nel carcere in cui era rinchiusa per omicidio. Poi spinsi il seggiolone con violenza.
Mio figlio esplose sul pavimento spargendo pappa e cervello.
Lo osservai con attenzione, incuriosito di come sarebbe stato riprenderlo dall’alto, quindi allontanai una sedia dal tavolo e mi accomodai a guardare il resto della trasmissione.
***
Adesso mi conoscete di nuovo. Avete visto la mia foto sui giornali, sentito le mie parole in televisione, magari proprio nel programma “Viaggi di tragedia” che hanno appena trasmesso.
Ora sono di nuovo qualcuno.
Certo non così famoso come la donna intervistata perché ha annegato sua figlia, quella signora a cui devo la curiosità di mio figlio e la mia ispirazione. Avete creduto alla mia versione dei fatti, un tragico incidente, una fatalità provocata da un uomo depresso, disattento. Ci avete creduto perché sono riuscito a farlo credere ai giornalisti, è ovvio. Non sono così interessante come un assassino, però ho fatto notizia. E mi sento vero, finalmente di nuovo libero, anche se mi tengono d’occhio.
Anche ora, mentre mi pulisco il culo nel bidet, mi sento un grande.
E poi non bisogna dimenticare che sono stato un uomo di spettacolo. Anche se nessuno ha creduto in me, so come scolpire la mia immagine nella cronaca. So come diventare il caso dell’anno. Come rendere familiare per sempre il mio nome e il mio volto nei vostri ricordi televisivi. Mi basta prendere un coltello in cucina, di quelli per tagliare la carne, acquistati dalla mia compagna quando ancora riusciva a vedermi. Mi basta andare da lei, accucciarmi tra le siepi del giardino del suo palazzo e aspettare che torni dal lavoro, questa sera.
Dopo l’accidentale morte del figlio, disperato massacra la madre che li aveva abbandonati.
Così da domani sarò davvero famoso.
Mentre vado in cucina, respiro a fondo l’aria e la sento mentre mi accarezza i polmoni e mi riempie di vita. 



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