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"La notte di Darlia". Dal romanzo "Dove scorre il fiume" di Giovanni Sicuranza


"Dove scorre il fiume".
Capitolo III. La notte di Darlia.
di Giovanni Sicuranza

Darlia aspetta. 
Sa che non può eccitarsi prima dell’uomo e per distrarsi cerca nel cerebrogramma un file di immagini deprimenti. 
Come quelle statiche che ritraggono Bonomia prima della bomba alla zona Fiera, prima della Grande Religione. Quando ancora la città si chiamava Bologna. 
La mente si riempie di case basse, tozze. Persino di pessimo gusto, con tutti quei colori diversi, con quelle appendici esterne.
Darlia sbatte le palpebre, veloce, una volta per uscire dal file, un’altra per tornare a vedere l’ambiente che la circonda. 
- Come si chiamavano quelle cose sporgenti dalle abitazioni di Bologna?
- Cosa?
Amentore smette di bere, il bicchiere che si affloscia sul tavolo. 
Guarda Darlia, in silenzio, cercando sorvolare in fretta sui profili della sua nudità.
- Le case della città vecchia – ripete lei, cogliendone lo sguardo perso. 
Poi, visto che l’uomo non solo sembra ancora non capire, ma ha gli occhi dilatati sui suoi seni, con un dito disegna un quadrato nell’aria. 
– Quelle brutte, fatte in questo modo. Non come i nostri grattacieli scuri. Dai, avevano quelle cose che sporgevano dalle mura, dove si prendeva il sole o si curavano le piante, insomma. 
Finalmente un barlume di comprensione sembra accendere Amentore, che annuisce. 
 – Ah, sì, quelle sporgenze, dici. Terrazzi, ecco, terrazzi, così li chiamavano. 
- Terrazzi – echeggia lei, come ad imprimere la parola nella mente.
- Sì, terrazzi – Amentore sbuffa - Ma ora fai la brava e lasciami bere questa brodaglia - solleva il bicchiere, piano, come se pesasse chili – Già il sapore è insopportabile. E mi tocca bere tutto. 
Amentore tuffa lo sguardo nel liquido verde, denso. 
Sa che ha un gusto dolciastro, al limite del rigetto, proprio per impedirne l’abuso. Perché questa bevanda non è altro che una forma di controllo obbligatoria, voluta dai Maestri del Presidio Religioso per controllare la sessualità dei cittadini.
Come tutti i maschi, all’adolescenza anche Amentore è stato operato. E da allora ha coaguli di silicio che ostruiscono i corpi cavernosi del pene e che solo questo liquido è in grado di sciogliere, almeno per un giorno.  
Per ottenerlo, tuttavia, occorre un permesso. 
Innanzitutto bisogna dimostrare di essere sposati, poi di avere intenzione di procreare. Ma, soprattutto, occorre documentare che non è possibile partecipare all’unico giorno di sesso concesso dai Maestri ogni anno. 
Poi, c’è il placito speciale, quello riservato a persone come lui. E Darlia.
- Coraggio – sibila Amentore, gli occhi chiusi, il bicchiere che trema sulle labbra. E manda giù un sorso.
Da anni la Religione è tornata ai fasti dell’antichità. Anche oggi i Maestri del Culto hanno il potere sulla società e dirigono passo dopo passo la vita dei cittadini. I loro desideri. 
La libertà di scelta è sovversiva.
Amentore è assolutamente d’accordo.
Per farsi forza, per riuscire a bere tutta la bevanda, pensa alle Grandi Motivazioni dei Maestri. 
La libertà di scelta ha permesso ad un gruppo di fanatici di far esplodere una serie di bombe nei centri nevralgici della città, tanti anni prima. Così, in un soffio, Bologna è stata rasa al suolo, a cominciare dalla zona commerciale, quella che un tempo si chiamava Quartiere Fiera. Poi è toccato al Municipio. E gli uomini del potere non sapevano cosa fare.
Amentore inizia a sentire la temperatura che aumenta. Ma non si preoccupa, sa che questo è un effetto della bevanda. Il più è riuscire a berla ancora, senza vomitare. E allora pensa, pensa.
Smarriti, spaventati, i superstiti si erano appellati all’unica certezza rimasta. La Divinità. Da allora i Maestri del Culto sono diventati i governatori delle coscienze. Per mantenere l’ordine e vigilare sul rispetto dei dogmi, hanno creato i Presidi Religiosi, in ogni città. Bonomia ne ha tre, uno in centro, uno in collina. E uno nei canali sotterranei, il Centro Vitale, perché si trova dove scorre il fiume Aposa, dove c’è l’acqua di Bonomia. Bene prezioso inaridito da un sole che si dilata sempre più lungo le stagioni.
E lui, Amentore Cerisoni, è il maresciallo capo del Presidio Religioso dell’Aposa.
- Ci siamo?
L’uomo apre gli occhi e gira il viso verso Darlia. Vede che lei sorride.
- Sì, ci siamo. Stai diventando rosso. 
- Bene – si compiace lui, le mani che iniziano ad aprire il velcro della divisa – Con tutta la fatica...
- E il rischio che corri – sorride lei.
Amentore si blocca.
- In che senso?
Darlia si mette a sedere sulla sponda del letto, le gambe aperte, incrociate, una caviglia sull’altra. Poi, appoggiandosi con le mani sul giaciglio, spinge indietro il busto. Solo un po’.
- Mi stai provocando? – ansima Amentore, sentendo la vampata di calore che scende e si gonfia, proprio lì, in mezzo. 
- Sarebbe ora, no? – sussurra lei – Hai bevuto la bevanda e secondo la legge posso prendere l’iniziativa.
- Se non fosse perché io sono il maresciallo capo e tu il capitano … - inizia Amentore, le dita che adesso corrono a disfarsi della divisa. 
- Sì, hai il permesso speciale. Quello di accoppiarti con tutte le donne della tua Milizia.
L’uomo si alza dalla sedia. Prima di avvicinarsi a Darlia, rimane immobile, a guardarsi l’erezione. È un evento così raro. E pericoloso. 
Chi abusa della bevanda va incontro alla morte. Il sovradosaggio provoca una fibrillazione cardiaca. Ma è quello che succede durante ad essere terribile, pensa Amentore, senza smettere di osservare affascinato la sua virilità. 
Quando la bevanda è eccessiva, o corpi cavernosi si gonfiano di sangue, in fretta, in abbondanza. Il pene aumenta di calibro, ma non diventa duro. Le pareti restano molli. Fino a quando non iniziano a sudare sangue.
- Darlia – inizia, gli occhi che non abbandonano il suo nuovo profilo – Ti ricordi di quel cittadino che abbiamo trovato nell’Aposa? Quello con il pene esploso. È stato un anno fa.
- Cosa vuoi dire?
Lo sguardo di Amentore si solleva più rapido della sua erezione. Nella domanda del capitano ha intuito un tono sospettoso.
- Era per parlare – spiega, scrutando la donna – Si chiamava Ermete Dialogo, se non sbaglio – una pausa, gli occhi che penetrano quelli di lei – Gli hai fornito tu la bevanda erogena.
Darlia non ha altre esitazioni. Non ci sono rughe nuove sul suo viso, anzi, continua a sembrare rilassata.
- Certo, come faccio con tanti. Sono io che controllo i permessi e distribuisco le bevande. Quel Dialogo deve essersene fatta dare un’altra da qualcuno. Voleva strafare, ha bevuto due porzioni e …
Amentore la interrompe con un gesto brusco della mano.
- Sì, va bene. Quello che mi disturba è aver scoperto il suo corpo nella discarica. Tutte le impronte e i liquidi sul cadavere erano cancellati. Non siamo ancora riusciti a scoprire con chi ha fatto sesso illecito – conclude, scotendo la testa.
Per tutta risposta, Darlia si alza in piedi e si avvicina. I suoi gesti sono lenti, misurati, le mani dietro la nuca, il petto proteso verso l’uomo.
- Basta parlare di questo, ora. Domani continueremo le indagini – sussurra, la bocca che sfiora i capezzoli di lui.
Amentore chiude gli occhi e ascolta l’alito caldo della donna sulla pelle. 
Un attimo dopo il tono roco di lei lo avvolge, un po’ più giù.
- Oggi abbiamo il permesso speciale per fare sesso – la voce scende ancora, verso il ventre – Sei il maresciallo capo. Devi fecondare le donne della tua Milizia.
Un pensiero improvviso, apparentemente fuori luogo, salta dentro Amentore.
Dai terrazzi delle case di Bologna, la città vecchia, a volte gettavano i bambini non voluti. 
Fa per aprire la bocca, per raccontare a Darlia questo particolare. 
Ma lei è più veloce ad aprire la sua, di bocca. 
E questa volta Amentore Cerisoli, maresciallo capo del Presidio Religioso, dimentica la storia della sua città.    
***
 Darlia ha gli occhi appesi sui profili bui di Bonomia. 
Dall’alto del grattacielo la vista si perde lungo le ombre della notte. Sono le tre, forse, ma lei sa che se spegnesse il condizionatore, ora, l’umidità sarebbe ancora così opprimente da farla svenire in pochi minuti. 
Bonomia è una città che respira a fatica da tanti anni. Per questo l’Aposa, il fiume che scivola nei sotterranei, è tanto prezioso. Così prezioso che il terreno intorno ha bisogno di humus. Sempre. La carne degli animali è un ottimo concime. Come quella dell’uomo. 
Darlia stringe le labbra. Le mani fanno lo stesso sulla vestaglia, celandole i seni riflessi sulla vetrata. 
Amentore ha sparso il seme nel suo corpo e domani lei sarà sottoposta al trattamento di stimolazione, in modo da produrre almeno una coppia di gemelli. Poi partorirà, per Bonomia. Per la vita del fiume. 
I suoi figli saranno consegnati al Centro della Fertilità. 
Lì diventeranno humus che nutre l’Aposa.
È questa la condizione del permesso speciale per il sesso.
Ci sono molti pezzi di Amentore sparsi lungo il corso del fiume, avuti da tante donne negli anni. 
Ora tocca a lei.
- I terrazzi – sospira Darlia alla solitudine dell’appartamento – Erano sporgenze sulle case donate alla città.
Come il seme che le sta già crescendo dentro, fino a diventare sporgenza di ventre e poi dono a Bonomia.
Gli occhi si riempiono di lacrime sopra un bisbiglio di sorriso.
L’unica cosa che la città ignora, che ignora persino il maresciallo capo, è che lei ha già un figlio. 
Vivo. 
Nascosto nei sotterranei. 
Lo ha avuto pochi mesi prima, da un uomo scelto tra quelli che le chiedono la bevanda erogena.  
Darlia inizia a vestirsi. Niente divisa, per non dare nell’occhio, ma la pistola d’ordinanza, quella sì, così come la lama elettrica d’emergenza. Avventurarsi di notte nelle viscere di Bonomia, lungo il sacro fiume dell’Aposa, è un grande rischio. 
Ma suo figlio ha bisogno di essere nutrito. 
Il padre, invece, non ha più bisogni. 
È morto. 
Ermete Dialogo aveva un malattia grave, che gli stava mangiando i neuroni. Questo le aveva raccontato il giorno in cui si era presentato per richiedere una porzione di bevanda. La terapia genetica era troppo costosa per un maestro che guadagnava solo cento crediti vita al mese. Insegnava storia classica, aveva aggiunto con un sorriso bello, ecco perché la medicina moderna non si curava di lui. 
La sera dopo, Ermete l’aveva amata, dandole quello che lei desiderava. 
E lei lo aveva amato, realizzando il suo ultimo desiderio. Morire dopo una notte di passione.
Darlia ha un fremito di pianto lungo il corpo. 
Programma i sensori della casa per mantenere l’energia al minimo. 
Le luci si smorzano. Tutto diventa silenzio.
Il capitano del Presidio Religioso si asciuga le ultime lacrime in un gesto rapido, poi, prima di uscire, guarda ancora una volta oltre la vetrata, in alto. 
Tutto sommato non doveva essere male poter uscire su un terrazzo.
Nel fresco della notte, a scoprire le stelle. 



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