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Ben arrivati a casa. Il cimitero nei secoli.


Ben arrivati a casa. Il cimitero nei secoliGiovanni Sicuranza

Vi siete mai chiesti quale sarà la vostra prossima dimora? 
Non necessariamente quella dopo l’attuale, in un ipotetico trasloco, ma quella futura. Definitiva. 
La vostra casa in eterno. 
Per chi sarà inumato, ovviamente. 
Tralasciando i concetti giuridici, che porterebbero a considerare inesatto l’aggettivo “vostra”, in quanto la morte annulla diritti e doveri del vivente, soffermiamoci invece su questo aspetto. Poetico, surreale. Terrificante, forse. La vostra ultima, definitiva casa. 
Il loculo. 
Probabilmente sarà simile a tanti altri loculi, anonimo come le facciate dei condomini di un quartiere popolare, perché il cimitero, a partire dal Secondo Dopoguerra, ha poco o nulla da offrire in termini di architettura, di capacità di coinvolgere o sconvolgere l’animo del visitatore, anche nei termini della trasgressione, spiegati nel mio precedente articolo (“Trasgressione e Morte”).  

Prendo ad esempio il Cimitero Monumentale della “Certosa” di Bologna, luogo in cui vivo. Loculi disposti in monotone file, fila sopra fila, dopo fila, in un alveare di monotonia. Ma questa è la “Certosa” moderna, quella che rispecchia, come tanti altri cimiteri, la concezione moderna della morte. 
La morte allontanata, la morte mascherata dal tabù. 
Il Cimitero non è il luogo dove trovare arte, svago, dove respirare lentamente, protetti dalle mura dalla frenesia del quotidiano. Dove vivere il quotidiano, nel suo aspetto di relax. 
No. 
Il Cimitero è il ghetto di un mondo a cui non vogliamo pensare, se non costretti dai nostri cari defunti. E allora, che sia almeno anonimo, come anonimo, veloce, è il sentirsi in un luogo di morte. 
Dove, eppure, c’è tanta vita (animale, vegetale).
Il Cimitero Monumentale della “Certosa” si è trasformato in asettico luogo di visite impacciate solo dagli anni ’50, seguendo il destino di quasi tutti i cimiteri (fanno eccezione ancora alcuni grandi cimiteri monumentali e, soprattutto, i piccoli cimiteri dei paesi). 
Prima … 

“Prima” lo respirate ancora oggi, se attraversate quello che io chiamo “il sentiero dei caduti”, un viale con accesso solo ai pedoni e alle biciclette, che collega Bologna a Casalecchio di Reno e separa per pochi metri le mura del lato est de la “Certosa” da un ramo silenzioso, discreto, del fiume Reno. Si passeggia appena fuori il Cimitero, ma l’atmosfera è quella della “Certosa”, non funerea e terrorizzante, ma rilassante, che placa i pensieri, sveglia i sensi. Che potrebbe portare anche a episodi di trasgressione (vd. ancora il mio precedente articolo). Lungo “il sentiero dei caduti” ritrovo l’atmosfera dei Cimiteri moderni, quella monumentale, “viva”, abbandonata dopo la Seconda Guerra Mondiale. 

La data dell’inizio del Cimitero Monumentale è il 1804 con l’inaugurazione del Cimitero Monumentale di Père-Lachaise, su cui ho già avuto modo di soffermarmi, e che sempre torna, in quanto è con questo immensa opera d’arte e di natura, in un mondo sospeso tra la vita e la morte, che risplende e declina l’epoca d’oro del Cimitero inteso in senso moderno. 
Il Cimitero della Certosa nasce nel 1801 da un convento dei Certosini e ne conserva ancora la struttura a porticato, così simile a Bologna, che nel portico conservava (e in parte ancora conserva) la caratteristica architettonica. Si creò così non una rottura, come oggi, ma una continuità tra la città e il cimitero. La parte ottocentesca conserva ancora una serie di sale e gallerie coperte, come la Sala delle Catacombe e la Sala degli Angeli, con monumenti che svelano un approccio molto laico alla morte nel realismo dei particolari delle statue (ne ho accennato anche per il Cimitero Monumentale di Staglieno, a Genova, commentando una foto). Non angeli, ma donne a seno scoperto. Non immagini sacre, ma la raffigurazione curata nei particolari degli abiti usualmente usati dal defunto in vita. 
Questa caratteristica, laica, accomuna quasi tutti i Cimiteri Monumentali dell’Europa Occidentale, anche nel periodo in cui la Chiesa accentra (per l’ultima volta) il suo potere temporale, anche laddove, come in Inghilterra, la Regina Vittoria trasforma l’apparenza sociale in succube delle “buone maniere” (l’Highgate Cemetery di Londra merita un articolo a parte, per la sua caratteristica e per le storie di orrore che lo colorano ancora oggi). 
Ma torniamo agli inizi del XIX secolo, alla comparsa del Cimitero Monumentale moderno. Père-Lachiase, a Parigi, segna il declino definitivo della concezione medievale del seppellimento nelle chiese e presso le chiese (da qui il termine “camposanto”). Seppellimento spesso anonimo (le prime iscrizioni, limitate solo ai personaggi illustri, compaiono solo a partire dal XIII secolo), dettato dal ceto sociale del defunto a dagli eredi paganti (il benestante poteva sperare in un posto accanto alla reliquia di un santo, dentro le mura della chiesa; il volgo, al più, nel giardino o nell’orto della chiesa; sicuramente, in quest’ultimo caso, con maggiore utilità per il ciclo della natura).  

In un certo senso, il Cimitero di Père-Lachaise fa compiere un balzo avanti alla concezione della morte e allo stesso tempo la riporta indietro nel tempo, in epoca dell’antica Roma. Nella Roma Repubblicana e Imperiale, infatti, si ritrovano almeno due elementi tipici del moderno cimitero: il seppellimento al di fuori delle mura cittadine e le tombe singole, che celebrano l’identità del defunto. Nella Roma antica ognuno aveva il proprio loculus. 
Le ragioni che portano al seppellimento moderno sono già state spiegate altrove in miei articoli, ma vale la pena riassumerle brevemente: condizioni precarie di igiene, soprattutto in occasioni delle frequenti epidemie; città che si sovraffollano; nascita della borghesia e del concetto di profitto, per cui è necessario avere nuovi spazi cittadini su cui edificare, mentre i luoghi dei morti non portano denaro. 
Il Paese che con più enfasi avanza la questione del pericolo per la salute è la Francia. Già nel 1737 il Parlamento dispone un’inchiesta medica sulla salubrità dei cimiteri. Da allora è un proliferare di inchieste e di articoli che attaccano le chiese e che, dalla Francia, trovano maggiore eco negli Stati d’Italia. Nascono petizioni e movimenti borghesi di chiusura delle chiese cimiteriali.
Nel 1763 la Francia vieta con decreto alle chiese di continuare a seppellire morti e prevede la creazione di otto grandi cimiteri con fossa comune al di fuori delle città. Tuttavia, prima che le misure diventino effettive dovranno passare altri vent’anni. Uno dei primi “nuovi” cimiteri nel mondo è quello di Montmartre, esempio subito dopo per quasi tutti i Paesi, Stati italiani compresa. 

L’allontanamento del luogo di sepoltura dalla chiesa è anche un fenomeno culturale, oltre che sociale ed economico: la borghesia figlia della Rivoluzione francese ha un’impostazione laica, che si rispecchia sul verismo dei monumenti, come sopra spiegato. 
Il Cimitero moderno, edificato fuori città, o comunque nelle sue estreme periferie, sottrae comunque la morte dalla visibilità quotidiana, turbativa delle esigenze e della cultura neo-borghese. Allo stesso tempo, i nuovi luoghi di sepoltura sono sovrabbondanti di statue, con tombe individuali che sono lo “status symbol” della nuova classe sociale. 
In Italia il fenomeno conosce la piena espansione a Bologna, a Milano, a Genova. 

All’inizio, dunque, i primi Cimiteri Monumentali sono elitari, celebrazione fino all’esasperazione del verismo dei fasti della borghesia. 
Père-Lachaise mantiene queste caratteristiche, ma, oltre a non uscire dalle mura di Parigi, diventa “dimora” dell’urbe intera, con “edifici” che abbelliscono la natura, calandosi nel contesto del parco, che rimane ancora oggi uno dei più grandi e suggestivi di tutta Europa.

I Cimiteri meritano un viaggio, meritano la scoperta, per questi motivi e per quelli descritti nei miei precedenti articoli (vd. ancora, in particolare, “Trasgressione e Morte”).  Parlano si riposo e svago, ma anche di cultura e società. Sempre provocano emozioni, siano monumentali o piccoli chioschi di paesi. 

In loro ritroviamo le nostre vite, passate e future. Il respiro di un mondo sospeso che è già stato, come sarà il nostro. 

I cimiteri sono musei e gallerie d’arte, sono giardini pubblici, dove la morte convive con la vita. 
Sono luoghi di meditazione. Di memoria, singola o collettiva.
Per la loro quiete, che acutizza i sensi e placa la mente, per il verismo delle statue, per la correlazione tra Eros e Thanatos, i cimiteri sprigionano erotismo.

Probabilmente sono la nostra ultima, definitiva dimora, ma possono già essere visitati, con mente viva e curiosa, prima di prenderne forzato possesso.

Prima di diventare noi stessi parte della loro placida memoria.  


Bibliografia essenziale:

1. Philippe Ariès: “Storia della Morte in Occidente”, Rizzoli, 1980 (una delle tante edizioni in commercio);
2. Hugh Mellor: “London Cemeteries”, Avesbury, 1981;
3. Michel Vovelle: “La morte e l’occidente”, Laterza, 1986;
4. Fabio Giovanni: “Guida ai cimiteri d’Europa”, Stampa Alternativa, 2000.



AGGIORNAMENTO (08.07.2011): 


l'articolo è pubblicato da Katia Ciarrocchi sul portale "Lib(e)roLibro", al link: 
http://www.liberolibro.it/ben-arrivati-a-casa-il-cimitero-nei-secoli/


e sul blog di Radio RSC al link: 
http://www.zazoom.it/blog_rsc/post.asp?id=1260


Forse mi ripeto, ma non mi viene nulla di più immediato e spontaneo che un "grazie".




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