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Alcune riflessioni sulla lesività delle armi da taglio. Entra l’altro protagonista.

Le lesioni delle armi da taglio, o punta in taglio, come in seguito meglio spiegato, sono tra quelle di più comune riscontro nei delitti contro la persona e contro la vita. 
Il motivo è intuibile alla nostra osservazione quotidiana: un coltello può essere reperito molto facilmente, rispetto un’arma da fuoco, basta dare un’occhiata alla cucina. Adesso, però, vi chiedo di non farvi distrarre troppo dal luccichio delle lame casalinghe e di tornare al testo. In effetti, le lame presenti nelle abitazioni, negli uffici, etc., per quanto tagliaenti, non hanno e non dovrebbero avere la finalità di ledere o minacciare la carne, non quella umana perlomeno. Soprattutto se vivente. In questo caso, il loro uso, oltre che illecito, è improprio. Ovvero, si usa uno strumento tagliente per uno scopo che non è proprio di dello strumento stesso (con il coltello da cucina, di solito preparate una bistecca non umana, magari tagliate un pomodoro). Se lo si usa per minacciare, ferire o uccidere un essere umano (per non parlare delle sevizie sugli animali), allora il suo uso diventa improprio. 
Inoltre, gli strumenti taglienti sono provvisti in genere da sezione triangolare con uno spigolo affilato, e in questo caso vengono definiti taglienti tipici (ad esempio, coltelli, lamette da barba). Ma la lesione da taglio può essere provocata anche da taglienti atipici, come frammenti di vetro, lamiere di metallo, ecc. 
Tuttavia per ogni oggetto sopra elencato, l’azione è comune: si produce una soluzione completa dei tessuti, applicando due azioni: 
1. la pressione, che permette alla lama di penetrare nel tessuto; 
2. lo scorrimento, che permette alla lama di avanzare lungo il taglio.   
Ed ora un esempio pratico sulla diagnosi medico-legale delle ferite, nella differenziazione tra omicidio e suicidio. 
Lo scannamento è il taglio del collo che causa in profondità la lesione delle vie respiratorie, dei vasi, dei nervi, dell’esofago. 
Nell’omicidio il taglio è di solito in basso e la ferita è orizzontale e profonda, quando unica; se molteplice, le lesioni non sono mai parallele ed hanno varia profondità. Inoltre, in caso di omicidio sono in genere presenti ferite da difesa, come quelle riscontrate nel palmo delle mani (difesa attiva, con la vittima che tenta di afferrare la lama), sul dorso delle mani (difesa passiva, con la vittima che tenta di parere i colpi), sulle spalle o altre parti del corpo (difesa da schivamento). 
Nel suicidio, il taglio è in posizione più alta e la ferita è di solito accompagnata da tagli di prova inferti poco prima, paralleli e superficiali.

Breve presentazione del protagonista: la punta e la lama.
Gli oggetti in grado di provocare le suddette lesioni si suddividono in strumenti da taglio, da punta, da punta e taglio, da fendente. 
Gli strumenti da taglio hanno le caratteristiche sopra accennate. 
Per gli strumenti da punta, si aggiunge che la loro forma è cilindrica o conica con punta tagliente; tipici sono gli aghi, i punteruoli; atipici le punte di ombrello, ecc.
Gli strumenti da punta e taglio: hanno azione pungente e tagliente; tipici sono i coltelli, i pugnali, ecc.; atipici le schegge di vetro, le forbici, ecc. come sopra riportato.  
Gli strumenti fendenti hanno una lama spessa e robusta, con spigolo affilato; tipici sono le scuri, le roncole, etc; atipici, grosse e affilate lamine di metallo, etc. 

Il carattere del protagonista: le lesioni. 
Schematicamente, le lesioni prodotte da un’arma da taglio possono suddividersi in: 
1. abrasioni: come accade quando ci si rade e si asporta l’epidermide e strati superficiali del derma sottostante;
2. ferite lineari: quando la lama penetra nei tessuti in modo perpendicolare alla cute, creando una lesione rettilinea (ad esempio nel tronco) o curvilinea (ad esempio nel braccio o nel collo);
3. ferite a lembo: quando la lama agisce in direzione obliqua rispetto alla cute, formando così un lembo a sezione triangolare;
4. ferite mutilanti: quando la lama, con prevalente azione di pressione, ma anche di scorrimento, provoca il distacco completo dei tessuti, di solito parti molli sporgenti come le orecchie.   
Le caratteristiche comuni di queste ferite sono: 
estensione in superficie e regolarità dei margini (che combaciano perfettamente una volta uniti, in quanto, ad eccezione di feriti mutilanti, non vi è perdita di sostanza); tuttavia, una lama non bene affilata può determinare irregolarità dei lembi della ferita;
angoli acuti e codette. Queste ultime sono l’estensione superficiale del taglio, negli angoli dove la lama entra o esce. A loro volta le codette possono essere tipiche, con quella di entrata breve e quella di uscita lunga, in quanto la lama penetra con azione di pressione ed esce con azione di scorrimento; questo andamento si osserva su superfici piane come il tronco. Su superfici curvilinee, come un braccio, le codette mancano o sono invertite, cioè quella di entrata è più lunga di quella di uscita. Ecco che studiare le caratteristiche delle codette è utile per determinare la direzione del taglio. 

Le ferite da punta si distinguono essenzialmente in:
ferite da strumenti sottili: prodotte da aghi, spine, spilli, etc., con aspetto puntiforme;
ferite da strumenti di sezione maggiore: prodotti da chiodi, etc; possono determinare ferite superficiali superficiali o profondo, persino trapassanti. I margini hanno un orletto escoriato nell’entrata, che manca all’uscita: inoltre il foro sulla cute è più piccolo di quello dello strumento a causa della retrazione dei tessuti nel vivente (particolare che dunque non si osserva in lesioni inferte post-mortem). A volte, come quando viene intaccato un osso piatto, la ferita produce uno stampo caratteristico della forma dell’oggetto usato. 
Nelle ferite da punta e taglio, oltre alla possibilità di riscontrare lesioni a stampo (ad esempio, nell’uso di forbici, la forma sulla cute, o su superficie ossee piatte, è a losanga se le lame sono chiuse, è a coppia simmetrica a lame aperte), si osservano: margini netti e divaricati; forma ovale; lesione più profonda che lunga; codette. 
Inoltre, se lama ha una doppia superficie di taglio, gli angoli della ferita saranno entrambi acuti. Se la lama è monotagliente, l’angolo delle lesione, che corrisponde al dorso smusso e non tagliente, non avrà questa caratteristica e potrà presentare, accentuato, una zona ecchimotica o soffusa circostante dovuta all’azione contusiva dell’oggetto (caratteristica che non si riscontra nelle lesioni inferte post-mortem).
Nelle ferite da fendente, come già spiegato, avviene una discontinuazione dei tessuti. La ferita si forma per azione tagliente della lama, o dello spigolo affilato, e soprattutto per la contusione dovuta all’urto con lo strumento pesante. Pertanto, le ferite potranno essere: lineari; a lembo; mutilanti.
I margini non sono netti come nel caso dei precedenti strumenti, mancano le codette, mentre sono sempre presenti segni di contusione, come ematomi, ecchimosi (anche in questo caso, però, i segni di contusione da stravasi emorragici, tipici del vivente, mancheranno in lesioni inferte post-mortem).   

  Giovanni Sicuranza, medico legale


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