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Alcune riflessioni sulla lesività d’arma da fuoco. Il primo protagonista.

Una premessa è d’obbligo. 
Nel campo della medicina, nel cui ambito (sia pure con alcune peculiarità) rientra anche la  medicina-legale, a differenza di quanto mostrano film e telefilm vari, nulla è certo e schematico.  

Inoltre, quanto di seguito riportato è influenzato da maggiori dettagli, diversi caso per caso. Ad  esempio, posizione e distanza di chi spara rispetto alla vittima. E, ad essere pignoli, temperatura dell’ambiente ed eventuali patologie di cui soffriva la vittima (questi sono particolari che non hanno importanza, di solito, nella letteratura).  
Quanto sopra, per far capire come mai mi limiterò a dare alcuni suggerimenti, descrivendo in generale. Sarà poi la vostra fantasia e abilità di scrittori a scegliere quali e come usarli.   

Breve presentazione del protagonista: la pistola e i suoi proiettili.  

Immaginiamo in questa sede l’uso di una pistola a proiettili comuni, non alterati, ovvero di forma cilindor-conica o cilindro-ogivale.  Di solito questi proiettili, se usati a scopo civile (es. caccia) non sono incamiciati come quelli militari, che dovrebbero produrre meno lesioni perché il loro nucle non si deforma o non si frammenta.  Dunque, presumo che la pistola in oggetto non sia di tipo militare, altrimenti occorrerà fare riferimento a proietttili incamiciati. Le pistole comuni hanno proiettili di tipo espansivo, che quando raggiungono il bersaglio si deformano producendo ampia lesione dei tessuti. Questo perché il nucleo molle del proiettile rimane scoperto, cioé non è incamiciato da gusci di rame o altri metalli.  

Il carattere del protagonista: le lesioni.  

Si dividono in lesioni esterne ed interne.  
1) Contusioni, cioè ecchimosi sulla cute, variabili a seconda della traiettoria e della distanza dello sparo. Attenzione, sono un aspetto vitale, cioè indizio che la persona era ancora viva; al contrario,  nei colpi sparati post-mortem, si noterà che in alcune ferite mancano le contusioni.
2) Ferite penetranti. Sono il tragitto nel corpo e possono essere a fondo cieco, quando non c’è foro di uscita e il proiettile rimane all’interno (devastando vari organi e tessuti, secondo quanto spiegato prima; ad esempio, se ne può trovare uno nel fegato, intorno allo stravaso emorragico nel peritoneo di questo organo); oppure trapassanti, quando presentano un foro di entrata, un tramite completo e un foro di uscita.  
3) Lesioni da scoppio. Non si limitano a penetrare nel tessuto, ma ne provocano la dilatazione. Si osservano ad esempio negli organi cavi e pieni, come una vescica piena di urina, che esplode.   

Per i caratteri del foro d’entrata, detto orificio di ingresso, si distinguono colpi a distanza, colpi a contatto, colpi sparati da vicino.  
Le caratteristiche dei primi sono: 
orletto di detersione, cercine nerastro e untuoso dovuto al depositarsi sui margini della ferita di sporco che il proietile asporta quando esce dalla canna. Raro però osservarlo con le armi moderne;
orletto di escoriazione: dove il proiettile intrflette la cute a dito di guanto prima di perforarla ed esercita un’azione di compressione-contusione.  

Per i colpi a contatto (quando l’arma è tenuta a diretto contatto con la pelle): 
il foro di entrata si trasforma in ferita da scoppio per l’azione dei gas che escono dalla canna; quindi si avrà un foro largo, irregolare, molto più ampio del foro d’uscita;
l’impronta a stampo: è una piccola ferita figurata, una sorta di tatuaggio sottocutaneo, che riproduce l’asta di guida del carrello mobile della pistola; è causata dalle particelle di gas penetranti.  

Per i colpi da vicino:  
alone di ustione, prodotto dalla fiamma, con pelle che assumne colore giallastro, secco,meglio visibile qualche ora dopo la morte; può provocare ustione dei peli; 
alone di affumicatura: dovuto al fumo, annerisce la pelle (scompare con il lavaggio);
alone di tatuaggio: effetto delle parti più grosse della polvere da sparo, che, come sopra spiegato, formano un tatuaggio sottocutaneo; alone di compressione: zona di contusione ed escoriazione che si forma intorno al foro di ingresso per urto violento della colonna di gas; ha aspetto giallo-bruno, pergamenaceo in seguito all’evaporazione cutanea post-mortem.

I fori di uscita hanno invece margini estroflessi e, a parte le lesioni d’entrata da scoppio, di solito sono di dimensioni maggiori.  

Attenzione, foro di entrata e di uscita non sono sempre sullo stesso asse. 
Ad esempio, se si spara dall’alto in basso, è ovvio che il foro d’uscita sarà più in basso, ecc.

Giovanni Sicuranza, 
medico legale















L'articolo è citato sul blog di Radio RSC, che ringrazio, al link:

http://www.zazoom.it/blog_rsc/post.asp?id=1413




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