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L'Istituto "Ramazzini" di Bentivoglio e un'intervista.

Dal portale dell'Istituto: 


http://www.ramazzini.it/istituto/index.asp



L'Istituto Ramazzini è una cooperativa sociale (Onlus) impegnata, da oltre vent'anni, a combattere il cancro. Le sue attività sono incentrate in tre aree di intervento:
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Le attività di ricerca sono finalizzate soprattutto alla identificazione e quantificazione, su base sperimentale, dei rischi cancerogeni, oltre che alla valutazione di efficacia e tollerabilità di farmaci e principi attivi, utilizzabili per contrastare l’insorgenza e/o la progressione dei tumori.

L'Istituto Ramazzini si avvale della collaborazione del Collegium Ramazzini, un’accademia internazionale di oltre 180 membri di 32 paesi, esperti nel settore delle malattie professionali e della medicina ambientale.
La missione del Collegium Ramazzini è di far progredire gli studi di medicina professionale ed ambientale e di costituire un ponte tra il mondo della scienza ed i centri sociali/politici che devono agire sulla base delle scoperte scientifiche ai fini di meglio tutelare la salute pubblica.
Dalla rivista “Ramazzini News”. Aprile 2011


Per la tutela dei lavoratori

Intervista di Piero Pisano a Giovanni Sicuranza, medico legale, coordinatore INCA CGIL Emilia Romagna.

Dottor Giovanni Sicuranza, allo stato attuale, cosa è emerso dalle conoscenze mediche e dalla prevenzione sui luoghi di lavoro?

Da un lato, la prevenzione e la valutazione dei rischi hanno gradualmente sostituito alcune manifestazioni cliniche conclamate con altre meno evidenti, ma sempre riconducibili alla stessa patologia.
Dall’altro si è accertato che raramente le patologie professionali riconoscono un’unica causa, dovuta al lavoro, ma sono in relazione anche con altri fattori, quali quelli ereditari, quelli costituzionali e quelli ambientali: si tratta, cioè, di patologie multifattoriali. Lo scopo del medico che si occupa di previdenza è individuare, tra le concause della patologia, quella professionale, e di collocarla, quando possibile, nel giusto peso tra le altre concause.

Quali sono gli strumenti della scienza medica in questo ambito?

Sicuramente un valido strumento di controllo è rappresentato dagli studi epidemiologici.
Questi studi consistono nel valutare l’incidenza (cioè il numero di casi) e la mortalità per le diverse patologie, e, in caso di una maggiore incidenza/ mortalità in categorie di lavoratori di un comparto, mettere in evidenza rischi di patologie specifiche della categoria stessa. Ma, mentre questi studi valutano il rischio solo quando esso è già stato subito, gli studi sperimentali permettono di avere un giudizio predittivo sulle situazioni espositive e la loro correlazione a patologie anche gravi, come ad esempio il cancro. Questo tipo di studi da anni caratterizza l’attività dell’Istituto Ramazzini.

Quindi, questo permette di verificare il primo requisito importante del nesso di causa?

Esatto. Per stabilire il nesso nel caso specifico la causalità generale è presupposto indispensabile di partenza. Ma questo non basta: occorre che sia soddisfatta an- che la causalità individuale. È un percorso che inizia dalla fine e va a ritroso, attraverso la manifestazione della patologia nel singolo individuo, verso l’agente eziologico, verso cioè la causa. La malattia professionale si trova proprio in questo difficile percorso.

Qual è la regolamentazione INAIL in questo ambito?

Almeno nella teoria, l’INAIL ha recepito questo percorso con una circolare, datata 16 febbraio 2006, della Direzione Centrale Prestazioni, della Sovrintendenza    Medica Generale e dell’Avvocatura Generale. Questa circolare, dal titolo “Criteri da seguire per l’accertamento dell’origine professionale delle malattie denunciate”, sul nesso di causa afferma che se gli agenti patogeni lavorativi, benché non sufficienti autonomamente, concorrono insieme ad altri agenti patogeni extra-lavorativi a causare la malattia, questa deve comunque considerarsi di origine professionale “In questo caso, infatti, l’esposizione a rischio di origine professionale costituisce fattore causale necessario, senza il quale l’evento non avrebbe potuto determinarsi (tumore del polmone in soggetto fumatore esposto a rischio lavorativo da amianto). Invece, quando gli agenti patogeni lavorativi, non dotati di sufficiente efficacia causale, concorrano con fattori extralavorativi dotati di tale efficacia, è esclusa l’origine professionale della malattia.”

“Non esiste lavoro il quale, per le condizioni in cui si effettua, non possa essere causa di danno alla salute...” Bernardino Ramazzini. Criteri di assoluta certezza scientifica costituiscono ormai una limitata casistica?

Sì. Il lungo periodo di latenza di alcune di queste malattie, inoltre, rende difficoltosa, quando non impossibile, la ricostruzione delle condizioni esistenti nell’ambiente di lavoro al momento dell’esposizione. Il rapido mutamento delle tecnologie produttive, infatti, ha indotto le imprese ad adeguare i macchinari e i cicli produttivi con la conseguenza che la situazione riscontrabile al momento della denuncia della malattia professionale è diversa da quella esistente all’epoca dell’esposizione.

Come valuta la collaborazione tra il patronato INCA-CGIL e l’Istituto Ramazzini?

Lo staff dell’Istituto, tra cui qui menziono, in modo incompleto, la dottoressa Belpoggi e il Dottor Bua, nella collaborazione con gli Operatori e i Medici del Patronato INCA-CGIL, ha senza dubbio resa più profonda la tutela dei lavoratori affetti da neoplasie di origine professionale.
Le riunioni tra l’INCA e l’Istituto, presso la sede del castello di Bentivoglio, svolte a cadenza mensile, portano ad approfondire i singoli casi, a selezionare quelli meritevoli di approfondimento, a indagare sulla correlazione tra agenti cancerogeni presenti nell’ambiente di lavoro e sulla singola neoplasia, a svolgere, qualora vi siano i presupposti, una Relazione dettagliata.

Dunque, una volta individuata il metodo per l’accertamento del nesso di causa, come si procede quando si tratta di malattie professionali?

Nelle malattie professionali sussiste un doppio itinerario: quello basato sulla presunzione legale di origine, che riguarda le malattie tabellate, e quello che riguarda le malattie non tabellate, in cui l’onere della prova spetta al lavoratore: in entrambi i casi l’esistenza del rischio deve essere accertata. Ma l’attuale riduzione dei casi esemplari ha portato ad adottare un metodo di tipo probabilistico. 
A questo concetto si aggiunga che le malattie professionali spesso si manifestano con caratteristiche generiche, sfumate, anche a distanza di molto tempo dall’esposizione. Il criterio probabilistico accettabile in ambito previdenziale è dunque quello della causalità debole. In altre parole, opera in ambito previdenziale il criterio della ragionevolezza ed è quindi sufficiente che la patologia risulti compatibile con il rischio a cui il lavoratore è esposto o è stato esposto.

Infine Dottor Giovanni Sicuranza, come considera l’opera di Bernardino Ramazzini, il precursore della prevenzione medica?

Il suo sguardo è stato così acuto da arrivare fino a noi, ancora attuale. E tutto ricomincia oggi, potenziandosi alla luce della convezione tra il Patronato INCA-CGIL e l’Istituto Ramazzini. Bernardino Ramazzini scrive, infatti, sul trattato “De Morbis Artificum Diatriba”: “Non esiste lavoro il quale, per le condizioni in cui si effettua, non possa essere causa di danno alla salute: ad ogni lavoro corrispondono stimmate morfologiche, lesioni anatomo-patologiche e turbe funzionali più o meno caratteristiche”: questa frase è la sintesi del nesso di causa nella prospettiva della moderna previdenza”.






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