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La polenta miracolosa


Chissà se per il verificarsi di un miracolo è più stimolante il termine Monas prodigiosa o Serratia marcescens. A tale proposito la Chiesa tace, forse perché sa che i miracoli erano già riferiti nella civiltà ellenica, forse perché, come precedentemente spiegato a proposito della pedofilia (vd.), il suo comportamento è anche in questo caso suggerito dall’ambiguità.
Infine, perché, la Chiesa lo sa bene, miracolo e santità, ovvero la proclamazione di Santi (anche di persone dalla dubbia condotta; si veda ad esempio l’inchiesta dettagliata e documentata sulla monografia sul Papa oscurantista, supplemento del numero odierno di MicrOmega), da maggiore potere su un popolo che nella superstizione, religiosa ed extrareligiosa, sull’idolatria, è stato “allevato”, ben prima del Cristianesimo.
Lascio per il momento ai veggenti ispirati le parole della Regina della Pace, come è chiamata Maria in un copia e incolla del nome della dea Iside, su cui tornerò in seguito, e mi dedico al latinismo (sarà contento il Papa attuale?) della Monas prodigiosa e della Serratia marcescens.

Monas prodigiosa e Serratia marcescens sono due termini diversi per indicare lo stesso microrganismo.
Nel 1823, Bartolomeo Brizio, giovane studente di medicina, scrisse a proposito di una polenta che si era coperta di macchie rosse, simili a sangue, e tali da sbigottire il contadino Pittarello.
Brizio scoprì nella polenta non un semplice fenomeno di fermentazione, ma addirittura un batterio. Riuscì ad isolarlo, farlo crescere in colonie e a studiarlo, concludendo che il microrganismo resisteva per anni al secco, pronto a riprodursi in condizioni favorevoli e in qualsiasi momento.
Nacque dunque il Serratia marcescens, in onore del fisico Serrati (inventore di una barca a vapore) e del ciclo vitale del batterio stesso, che al termine si decompone in una massa viscosa simile alla mucillagine.
Gli anni successivi si decompose anche il ricordo di questa scoperta.
Solo nel 1848 Christian Ehrenberg, osservando macchie simili su patate cotte e altri prodotti pieni di amido, ricominciò le ricerche e scoprì la Monas prodigiosa, batterio in grado di produrre un pigmento rosso e gelatinoso, che, come sangue, sembrava uscire dagli alimenti e per questo chiamato prodigiosina.
La Serratia marcescens era tornata alla ribalta sotto altro nome.
Occorre ora tornare un attimo indietro per ricordare come il contadino Pittarello non fu l’unico a stupirsi per le ferite della sua polenta.

Durante l’assedio di Tirio, le truppe di Alessandro Magno intente a rifocillarsi furono infatti allarmate dall’improvvisa presenza di sangue nei pani. Anche i Pitagorici accennarono a questo fenomeno, da cui la proibizione, rafforzata dal pericolo di favismo, di mangiare fagioli e fave.
E il sangue continuò a sgorgare copioso anche nelle testimonianze medievali e di epoche più recenti, come a Stennwitz, Germania, nel 1963, in cui riveste i dolci.
Oppure, in tutta l’epoca cristiana, in emorragie dalle ostie consacrate.
Gli esempi a questo proposito sono numerose.
Il più famoso, senza dubbio, quello della chiesa di Santa Cristina a Bolsena (Viterbo) nell’estate 1263. Durante la celebrazione della liturgia, il prete osservò le ostie sanguinare al punto tale che l’emorragia arrivò fino alle orecchie di Papa Urbano IV, il quale, raggiunta la chiesa, si affrettò a proclamare la festività del Corpus Domini, celebrata ancora oggi alla fine di agosto.
Resti delle ostie e il corporale di lino del sacerdote, macchiato di rosso, sono tuttora custoditi in un reliquiario e potrebbero essere analizzati con le moderne tecniche in grado di svelare la presenza di prodigiosina.
Infatti, studi su polenta, pane e ostie hanno mostrato fenomeni identici, in condizioni di ricerca simili: stagione calda, luoghi umidi, amido negli alimenti.
Il sangue sgorga copioso in tutte le sperimentazioni documentate, solo che si chiama prodigiosina. 
Insomma, che un semplice batterio sia responsabile di così valorosi miracoli gridati alla gente è un vero è proprio prodigio. 

A parte la spiegazione scientifica, cosa c’è dietro il miracolo?
Si potrebbe scrivere un libro a questo proposito (come in effetti è stato fatto più volte; per gli interessati, rimando a “Spiegare i miracoli” di Maurizio Magnani, Edizioni Dedalo, 2005), ma, poiché i lettori scarseggiano, mi limiterò solo al fenomeno sopra narrato e ad uno più recente, di diversa natura.
Nel 1263 erano già in atto le contestazioni sulla transustanziazione, che nella teologia cattolica indica la conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Cristo, così intense da portare successivamente al rifiuto di questo dogma da parte di Lutero e altri cristiani riformisti.
In particolare, all’epoca del fenomeno narrato ci sono molti scettici tra popolo, nobili, persino letterati. Dunque, quale occasione migliore per la Chiesa che sfruttare l’ostia grondante prodigiosina, al punto da istituire la festa del Corpus Domini e rafforzare il dogma della transustanziazione?

L’abile strategia si rinnova anche quando è la stessa Chiesa ad avere forti perplessità sui miracoli, ma non sui suoi riscontri economici.
Il 24 giugno 1981 sei adolescenti dichiarano di avere visto la Madonna a Medjugorjie. Da allora, con frequenza quotidiana, la Regina della Pace, come lei stessa si sarebbe definita proprio in questa località, e simbolo di Radio Maria e del suo direttore Don Livio, sussurra i suoi messaggi ai meritevoli.
Che di sicuro non sono i vescovi locali, i quali, lasciati liberi di indagare dalla Chiesa, fin dall’inizio hanno espresso scetticismo.
Ma, come già accaduto per altre apparizioni mariane, c’è chi inizia a percepire vento di guadagni. Questa volta i primi a saltare sull’affare sono i francescani, in disputa continua su possedimenti terrieri con la diocesi di Mostar.
Padre Branko sostiene che il territorio delle apparizioni spetta ai francescani e parte per l’Italia a declamare il miracolo della Regina della Pace.
In effetti, la Madonna porta tanti di quei soldi all’intera regione da essere vista persino dalle autorità comuniste di Belgrado.
Gli introiti passano nella Hrvatska Banka DD Mostar, una piccola banca in cui si trovavano i conti correnti dell’ordine francescano e che, nonostante il suo insignificante peso internazionale, ha tra le corrispondenti la Deutsche, la Bank of Tokyo, la Bank of America, la Citibank, la Cassa di Risparmio.
Inoltre, all’epoca, la sua proprietà è divisa da molte altre banche, tra cui la Unicredito Italiano Spa di Genova, che tra i suoi dirigenti vanta Forza Grande Stevend, considerato uno degli uomini importanti del Vaticano.
E così il giro si chiude.
La Regina della Pace mormora a pochi eletti, per lo più bambini o adolescenti, e i suoi ministri ne diffondono il messaggio con fervore.
Senza rilasciare ricevuta fiscale.     

Copertina della monografia allegata al numero di
MicroMega attualmente in edicola
(per dettagli vd: http://temi.repubblica.it/micromega-online/“karol-wojtyla-il-grande-oscurantista”-il-sommario-del-numero-speciale-in-edicola-e-libreria-da-martedi-1-marzo/ )

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