Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da dicembre, 2010

Scheda critica - "Storie da Città di Solitudine e dal Km 76"

Dall'Agenzia Letteraria che sta diffondendo l'opera ai media, apprendo una recensione tratta dal quotidiano " Salento in tasca ", rubrica " Salento Libri ": " Storie da Città di Solitudine e dal Km 76” di Giovanni Sicuranza (Youcanprint.it) “...è proprio di questo che il lettore ha bisogno, catarsi pura; secondo me l’impressione che può fare la lettura di questi racconti è la stessa che poteva suscitare la lettura dell’Antologia di Spoon River nei primi lettori italiani...” Giorgio Tesen “ Storie da Città di Solitudine e dal Km 76 ” è una raccolta di racconti che ridefiniscono il confine della realtà e del senso comune attraverso storie singolari e interessantissime, ai margini della notte, dove sentimento e follia, tragedia e disperazione si intrecciano in voci narrative singolari. Si notano le “vicinanze” letterarie che hanno influito sulla prosa utilizzata dall’autore, che si nutre con forte evidenza del genere gotico americano. Lo stile di G

"Store da Città di Solitudine e dal Km 76" e altra narrativa recente

Tra il caotico inserimento di vari argomenti, ecco uno schema ulteriore della mia produzione, aggiornata ad oggi. (quella più recente, per l'appunto; per la mia produzione su varie antologie, o testi risalenti a prima del 2009, rinvio ad altri post, qui e nel precedente blog) La mia narrativa, " Quando piove " (seconda edizione), " Lungo il vento ", " Storie da Città di Solitudine e dal Km 76 " (prima edizione), così come il saggio " Mobbing - l'erosione della vita ", sono ordinabili on-line su: 1) "Il mio libro", Gruppo Editoriale l'Espresso, al link: http://ilmiolibro.kataweb.it/community.asp?id=2358 [per ogni libro è possibile leggere un'anteprima, così come nella sezione "bacheca" (vari estratti dai libri sono presenti comunque anche in questo blog)]; 2) "la Feltrinelli", al link: http://www.lafeltrinelli.it/catalogo/aut/1093540.html "Quando piove" (seconda edizione) 

"Un cortile di parole"

Di Remo Rapino so veramente poco. Quel poco che emerge dal retro di copertina del suo libro “ Un cortile di parole ”, Carabba Editore (edizione 2006). Proprio dall’Editore, che sfiorai per motivi contrattuali, ricevetti in omaggio alcuni libri, che dovevano mostrarmi la qualità di stampa della sua Casa Editrice. La vera qualità, invece, con stupore, l’ho trovata leggendo il romanzo di Rapino. “ Ha ricevuto numerosi riconoscimenti per la poesia e la narrativa ”, leggo di questo docente di Filosofia e Storia al liceo classico. E ci credo. Perché in questa narrativa, che ricorda le storie ondulate dal caldo-umido dei Paesi sud-americani, insomma, alla Marquez, per intenderci; in questa narrativa, in cui scopriamo la passione crescente del timido manovale Aureliano Nemésio Veloso per un libro trovato per caso, c’è tanta, tanta bella poesia. Uno stile particolare, ricco. Da consigliare, a mio avviso, non solo al lettore, ma anche al lettore-scrittore. Eppure, un libro sconos

La fotografia post-mortem e il mutamento sociale della morte. Parte seconda.

La fotografia post-mortem continua ad essere praticata al pari di battesimi, o altre cerimonie che solitamente diamo per largamente rappresentate. Alcuni studi fotografici e le testimonianze di professionisti, che si sono personalmente imbattuti in questa pratica ampiamente tabuizzata quanto diffusa in epoca contemporanea, lo dimostrano. Negli ultimi anni, negli U.S.A. e in Paesi europei come la Svizzera (ma non solo), alcuni ospedali offrono questo servizio per le famiglie colpite da gravi perdite, come nel caso di bambini nati morti a cui il personale di servizio scatta delle fotografie per i parenti che, seppure in principio possono dimostrarsi contrari, dopo qualche settimana ritornano a desiderare l'immagine proposta per non perdere, assieme al bambino, anche il suo ricordo. L’antropologo J. Ruby scrive: “Visto il ruolo della famiglia nella definizione dei riti funebri, e quindi anche della pratica della fotografia post-mortem, resta da chiedersi quali siano

La fotografia post-mortem e il mutamento sociale della morte. Prima parte.

Le fotografie post-mortem possono definirsi oggetti concretamente disponibili che non si riferiscono semplicemente alla memoria della persona estinta, ma al suo stato di salute attuale e quindi alla sua permanenza entro limiti stabiliti dal gruppo. Quando ho sottolineato il rapporto tra queste rappresentazioni del cadavere e lo spirito che lo abita, ho tentato di stabilire un accordo tra la presenza simbolica del defunto e il vuoto che la sua assenza sancisce. È necessario però chiarire con maggiore precisione cosa si vada ad intendere con la parola spirito, usata e abusata più volte, con significati talvolta antitetici, secondo le diverse discipline di riferimento e i contesti etnografici indagati. Un tale chiarimento è fondamentale affinché emerga il reale contributo che queste forme di commemorazione forniscono ad una sana espressione del lutto, al benessere del gruppo di riferimento e al singolo che piange la scom¬parsa di una figura amata. Del resto, benché la morte sia un fatto

"Chevaliers de Sangreal" di Hans Zimmer. E una premessa.

Permettetimi una premessa sulle note dilatate di Hans Zimmer. O un avvertimento. Perché i due articoli che seguiranno trattano di morte. Più precisamente, concludono il mio discorso sulla fotografia post-mortem, calandolo nel contesto dell'evoluzione sociale sul morire. Invito, pertanto, chi ancora non l'ha fatto a rileggersi i miei precedenti articoli. E quindi, con calma, a cimentarsi con questi. Credo che la società abbia bisogno di riprendere "certi" argomenti tabù. Più personalmente, quanto scritto introduce anche la mia opera successiva, "Ritorno a Città di Solitudine". Ma qui mi fermo (sarò anche troppo prolisso negli articoli), lasciandovi spazio per rilassarvi in compagnia di un grande compositore.