Dalla prefazione di “maschere”, homo interrogans (Giovanni Sicuranza); Giraldi Editore.
Eraldo Baldini scriveva:
“Homo Interrogans” è lo pseudonimo con il quale Giovanni Sicuranza dà alle stampe questo volume di racconti e poesie. Uno pseudonimo che già di per sé pare dirla lunga: l’Autore “interroga” e “si interroga”, appunto, chiede di capire, di vedere dietro i meccanismi (a volte stereotipati, finti e gelidi, altre volte bollenti di passioni rischiose da assecondare) che regolano i sentimenti e i comportamenti dell’uomo di oggi.
Corre, tra queste pagine, un filo rosso che unisce personaggi ed azioni esemplari e rappresentative di una società che ha in molti casi smarrito il senso dell’essere per ricercare quello dell’apparire, anche imponendo il peggio di sé; che ha rinunciato alla generosa solidarietà per avvicinarsi a un crudele distacco; che ha dimenticato la pietas; che ha cambiato persino la qualità del sentimento più importante, quello che si prova davanti alla vita e soprattutto alla morte.
“Davanti alla morte siamo tutti uguali”, si suole dire, ed è una frase che nasce sulla bocca del popolo come su quelle dei filosofi. Ma è una frase fatta, un concetto che insieme a una verità nasconde anche bugie; perché, a seconda delle culture e delle epoche, gli atteggiamenti dell’uomo di fronte al momento dell’addio alla propria vita terrena sono stati diversi. Niente è cambiato, negli ultimi decenni, quanto il nostro rapporto con la morte, oggi rimossa, temuta, esorcizzata nascondendola dietro una medicalizzazione selvaggia, nuovo agghiacciante tabù, ossessione che spalanca sotto i nostri piedi l’abisso dell’ignoto e dell’angoscia, il baratro della possibile rinuncia ad un “io” che amiamo con un doloroso egoismo colorato di istinto di conservazione.
Ma una cosa, secondo l’umanità che si muove nelle pagine di Sicuranza, forse è restata sempre uguale a se stessa, forse ci accomuna senza distinzioni di epoche e culture: in quel cruciale e temuto momento di passaggio si getta o si perde ogni maschera, mettendo a nudo finalmente se stessi proprio quando quel “sé” lo stiamo perdendo.
Come se occorresse morire per riacquistare un barlume di vita. E ciò da una parte spaventa, induce a cupi giudizi sull’umanità; ma dall’altra, forse, consola, perché l’annullamento si fa riconquista, si fa verità. E non è forse la verità il migliore dei pregi?
Eraldo Baldini
P.S.: da allora mi sono evoluto. Giovanni Sicuranza
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