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ancora

Tutte le volte che la guardava, lei era altrove.
Gli occhi altrove. Belli, spalancati di verde.
Ma altrove.
Allora lui ricominciava a smarrirsi, lungo l’indifferenza delle pareti rugose della stanza.
Rilassa il viso, scuoti le spalle, si esortava, anche se i denti si stringevano forte, uno sull’altro, anche se la schiena diventava cemento.
Resisteva un paio di secondi.
Poi si voltava ancora, in uno spasmo di angoscia, a cercare un cenno da lei.
Tutto intorno, davanti, ai lati, solo oscurità.
Lei c’era. Ma assente, altrove.
Le braccia sul seno, chiuse al desiderio di lui. I peli arricciati del pube, radici nere che affondavano nei segreti della femminilità, ma che nulla svelavano.
Andò avanti così, per un tempo sconosciuto, fino a quando l’alba gettò un raggio di coscienza sull’uomo.
Passo dopo passo, silenzioso, lui andò alla porta.
Il pensiero, improvviso, lo abbracciò, freddo, e lo fece ciondolare sull’uscio. Come tutte le altre, anche lei è morta.
E quando vide che il sangue della donna era passato dalle mani alla maniglia della porta, capì che anche lei si era rilevata una delusione. .
Troppo fragile per il suo desiderio. Troppo breve per i preliminari con la lama.
Capì che avrebbe dovuto continuare a cercare, anche se nessuno come lui sapeva raggiungere il cuore di una donna.
Così scivolò nella notte, per trovare altro amore. Ancora.

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