almeno una volta – racconto di Giovanni Sicuranza
Nella mia vita, vorrei morire almeno una volta.
Ho sentito dire che alcuni ci riescono. Dimenticati, magari ritrovati, ma solo dopo secoli e solo con volti nuovi. Insomma, la vecchia storia finita, lasciata alle spalle senza rimpianti. E senza ricordi.
Invece no, sono sempre qui, anno dopo anno. Nemmeno una variazione.
Le membra ingiallite, le frasi che hanno perso il nero vigore di un tempo. Vado alla grande, no?
Credo sia tutta colpa del fatto che, forse, nemmeno sono mai nato, perché ho sentito dire che chi non nasce non può morire.
Non so, faccio le scuole elementari, mica sono istruito, io. Di libri, figuriamoci se mi interessa leggerne altri.
Finito il mio turno, mi chiudo in un luogo buio. E aspetto, estraneo al tempo che passa per tutti.
Sempre così la mia vita, senza affetti, senza emotività.
Sono un tipo che non si concede più sentimentalismi, io, e in questo, almeno, vengo ricambiato.
Passo di mano in mano, veloce, e così consumo il mio corpo. Mi hanno sfregiato in ogni distesa della pelle, ho sanguinato rosso e blu in cicatrici che non si rimargineranno mai. E mai ho percepito emozioni nei miei aggressori.
Una volta mi hanno lacerato con le unghie. Unghie sporche di ignoranza. Sono stato curato alla meglio con una fasciatura trasparente, ormai anche lei avvizzita, ingiallita, come il rigetto di un trapianto.
Prima era solo quel lembo di pelle, ma oggi ogni angolo di me, quando si muove, scricchiola. No, anzi, una volta ho sentito il fuoco del camino e so che il mio corpo ha il suo stesso lamento. Sfrigola.
Insomma, considerato come va la mia vita, considerato che le mie parole sono senza voce, ultimamente il desiderio di morire mi assale spesso.
Soprattutto quando mi trovo solo, chiuso nell’antro buio, così uguale ai precedenti nel suo nero assoluto, e mi inonda la voce di chi mi usa: “Che palle, mi tocca studiare quel libro di merda!”. Una marea cattiva, filtrata delle pareti di plastica dello zaino.
A scuola mi apre tutti i giorni e ancora non sa chi sono.
Non gli importa niente di questo sussidiario sfiancato.
Che vorrebbe morire, almeno una volta.
Nella mia vita, vorrei morire almeno una volta.
Ho sentito dire che alcuni ci riescono. Dimenticati, magari ritrovati, ma solo dopo secoli e solo con volti nuovi. Insomma, la vecchia storia finita, lasciata alle spalle senza rimpianti. E senza ricordi.
Invece no, sono sempre qui, anno dopo anno. Nemmeno una variazione.
Le membra ingiallite, le frasi che hanno perso il nero vigore di un tempo. Vado alla grande, no?
Credo sia tutta colpa del fatto che, forse, nemmeno sono mai nato, perché ho sentito dire che chi non nasce non può morire.
Non so, faccio le scuole elementari, mica sono istruito, io. Di libri, figuriamoci se mi interessa leggerne altri.
Finito il mio turno, mi chiudo in un luogo buio. E aspetto, estraneo al tempo che passa per tutti.
Sempre così la mia vita, senza affetti, senza emotività.
Sono un tipo che non si concede più sentimentalismi, io, e in questo, almeno, vengo ricambiato.
Passo di mano in mano, veloce, e così consumo il mio corpo. Mi hanno sfregiato in ogni distesa della pelle, ho sanguinato rosso e blu in cicatrici che non si rimargineranno mai. E mai ho percepito emozioni nei miei aggressori.
Una volta mi hanno lacerato con le unghie. Unghie sporche di ignoranza. Sono stato curato alla meglio con una fasciatura trasparente, ormai anche lei avvizzita, ingiallita, come il rigetto di un trapianto.
Prima era solo quel lembo di pelle, ma oggi ogni angolo di me, quando si muove, scricchiola. No, anzi, una volta ho sentito il fuoco del camino e so che il mio corpo ha il suo stesso lamento. Sfrigola.
Insomma, considerato come va la mia vita, considerato che le mie parole sono senza voce, ultimamente il desiderio di morire mi assale spesso.
Soprattutto quando mi trovo solo, chiuso nell’antro buio, così uguale ai precedenti nel suo nero assoluto, e mi inonda la voce di chi mi usa: “Che palle, mi tocca studiare quel libro di merda!”. Una marea cattiva, filtrata delle pareti di plastica dello zaino.
A scuola mi apre tutti i giorni e ancora non sa chi sono.
Non gli importa niente di questo sussidiario sfiancato.
Che vorrebbe morire, almeno una volta.
Commenti